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di sciopero generale, la battaglia per gl’interessi economici possa essere messa da parte e immobilizzata, questi timori nascono da un concetto tutt’affatto scolastico dell’andamento delle cose ed è un concetto campato in aria. Al contrario, un periodo rivoluzionario cambierebbe in Germania come altrove il carattere della lotta sindacale e la intensificherebbe a punto tale, che la guerra di guerriglie condotta oggi dai sindacati apparirebbe in confronto un giuoco da ragazzi. E d’altra parte nella tempesta economica dello sciopero generale, la lotta politica, per suo conto, attingerebbe senza tregua nuovi impulsi e forze nuove. L’azione reciproca tra le forze politiche ed economiche, che rappresenta il meccanismo interno regolatore dell’azione rivoluzionaria del proletariato, avverrebbe da sè stessa, naturalmente, per forza di cose, anche in Germania.

Sciopero generale

ed organizzazione di classe



I.


Riallacciata a questi fatti, la quistione dell’organizzazione nei suoi rapporti con il problema dello sciopero generale, assume tutto un altro aspetto.

L’atteggiamento assunto su questa quistione da molti capi dei sindacati si riduce ordinariamente ad affermare: «noi non siamo ancora abbastanza forti per arrischiare un esperimento delle nostre forze così ardito come lo sciopero generale». Ora, questo criterio è insostenibile. È impossibile, infatti, stabilire con un calcolo aritmetico in quale momento il proletariato «sarà assai forte» per non importa quale lotta. Trent’anni addietro i sindacati tedeschi contavano 30.000 soci; numero che, evidentemente, secondo quella tale scala di misura, non permetteva di pensare ad uno sciopero generale. Quindici anni più tardi, i sindacati erano otto volte più forti: 237.000 soci. Eppure, se allora si fosse domandato ai capi dei sindacati se l’organizzazione del proletariato fosse ormai matura per uno