Pagina:Rosselli - Scritti politici e autobiografici, 1944.djvu/59

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compagni miei che per troppo amore d’Italia sono stati cacciati d’Italia.

La nostra colpa — quella che il fascismo non può perdonarci — è di non rassegnarci, di non chinare il capo di fronte a tanta tragedia, di continuare a lottare. Lottiamo. Lottiamo come tutti i popoli hanno lottato, con lo stesso animo con cui probabilmente lottavano sei secoli or sono gli Svizzeri «Confederati» sul campo di Grutli.

In questa lotta dura, disuguale, contro uno Stato potente deciso a difendersi con tutte le armi, noi intravvedemmo un giorno la possibilità di un gesto umano e bello, che fosse di incitamento e di sollievo per i fratelli in patria. Su un fragile apparecchio due giovani voleranno su Milano e vi recheranno la parola della libertà. Rischieranno forse la vita; forse l’apparecchio non tornerà e il piombo della milizia suggellerà l’audace gesto. Vorrei che quei manifestini potessero essere qui riletti. Vi si ritroverebbero in sintesi i principii fondamentali della Costituzione Svizzera».

— Presidente: «La lotta tra l’idealismo e l’ordine costituito è vecchia come la storia. La vera libertà sta nel rispetto della legge».

— Rosselli: «C’è un ordine giuridico e un ordine morale. In tutti gli ordinamenti giuridici sorgono ai margini dei conflitti drammatici tra morale e diritto. La funzione dei giudici è appunto quella di superarli, conciliando le due esigenze. La nostra tragedia sta


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