Pagina:Rovetta - Baby e tiranni minimi.djvu/176

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176 tiranni minimi

dossava altro che una spolverina da viaggio di tela greggia, logora e unta, che faceva servire a uso veste da camera. In ciabatte, coi capelli rossastri che le uscivano spettinati di sotto a un foulard annodato attorno al capo, con un paio di guanti sudici, del marito, per non guastarsi le mani; trafelata, molle di sudore, col viso acceso, coi fianchi enormi e col petto opulento che le ciondolava, faceva ballare i vetri delle finestre andando e venendo, dalla camera al salotto, e dal salotto alla cucina; sempre armata dello spolveraccio e del pennarolo: sempre acciaccinata, sempre strillando. E «Bada, bimba, bada» ripeteva ogni minuto all’Agnese, «queste faccende devi poi imparare a farle da te. — Guai se mi vedesse il signor Conte in questo stato, guai! monterebbe in bestia!»

Ma la ragazzetta prometteva bene; e la padrona se ne mostrava sempre più soddisfatta, ritrovandole tutte le belle qualità di cui appunto difettava maggiormente «quella vipera, quella sudiciona, quella sciagurata dell’ultima bambi-