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atto quarto | 49 |
meglio. — Oh i sudditi miei non divengano miei nemici in momenti, in cui bande forestiere vengono a scorrazzare nei miei dominii! Sii il Dio dei messaggi; impenna le sue ali; vola e riedi ma rapido come il pensiero.
Fil. La necessità mi darà le ali.
Gio. Parlasti da cavaliere, pieno di nobiltà e di valore. (Fil. esce) Corri sulle sue orme (al Mess.) perocchè vi sarà forse mestieri di un nunzio fra i miei Pari e me: sii tu quello.
Mess. Con tutto il cuore, mio sovrano. (esce)
Gio. Mia madre morta! (rientra Uberto)
Ub. Signore, si dice che questa notte sono state vedute cinque lune in cielo: quattro erano fisse, e l’altra volgevasi intorno ad esse, con strano e prodigioso movimento1.
Gio. Cinque lune!
Ub. Vecchi dell’uno e dell’altro sesso in mezzo alle strade ne traggono pronostici funesti, e la morte del giovine Arturo è in ogni bocca. Parlando di lui tutti scuotono il capo e bisbigliano all’orecchio l’uno dell’altro. Quegli che discorre stringe la mano di chi lo ascolta, e questi mostra l’orror che prova aggrottando il sopracciglio, tentennando la testa e arrovellando gli occhi. — Vidi un fabbro appoggiato sul suo martello, intantochè il ferro si raffreddava, divorare, a bocca aperta, le novelle che gli narrava un sartore; questi, tenendo fra le mani le cesoie e la misura, con pianelle che nella fretta avea calzate a contro senso, parlava di molte migliaia di Francesi bellicosi che erano già ordinati a battaglia nel paese di Kent; ma un altro artiere, con volto scarno e la chioma rabbuffata, allora sopravvenne e l’interruppe per raccontare la morte di Arturo.
Gio. Perchè cerchi tu di riempirmi l’anima con simili terrori? Perchè mi ripeti tu sempre la morte del giovine Arturo? Fu la tua mano che l’uccise. Io poteva avere buone ragioni per desiderarlo morto; tu non ne avevi alcuna per pugnalarlo.
Ub. Alcuna, signore! Non foste voi che me l’ordinaste?
Gio. È la sciagura dei re lo essere circondati da schiavi, che si fan forti d’un segno della loro collera, come di un comando espresso, per correre a tuffarsi nel sangue umano. Il più lieve sguardo di cruccio di un sovrano essi lo interpretano qual condanna di morte, e presumono leggere nell’anima di un re, mentre
- ↑ Eodem anno, dice Polidoro Virgilio, ante nativitatem domenscam apparuerunt de nocie quinque lunæ in cælo, circa primam vigiliam noctis; prime in Aquilone, secunda in Meridie, tertia in Occidente, quarta in Oriente quinta in medio illarum, etc. etc.