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226 | TROILO E CRESSIDA |
Ter. Biassamerò tutte le dimande. Agamennone comanda ad Achille, Achille a me, io sono il conoscitore di Patroclo, e Patroclo è un pazzo.
Pat. Miserabile!
Ter. Taci, demente, non ho finito.
Ach. Egli è un uomo privilegiato: continua, Tersite.
Ter. Agamennone è un pazzo; Tersite è un pazzo, Achille è un pazzo, e, come si disse innanzi, Patroclo è demente.
Ach. Provalo: vediamo.
Ter. Agamennone è un pazzo, volendo comandare ad Achille; Achille lo è lasciandosi comandare da Agamennone; Tersite è un insensato stando ai servigi di un padrone qual è Achille; e Patroclo è demente senza bisogno di prove.
Pat. Perchè son io demente?
Ter. Chiedilo a quello che ti ha fatto. — A me basta che lo sii. — Mirate chi viene verso di noi! (entrano Agamennone, Ulisse, Nestore, Diomede e Ajace)
Ach. Non vuo’ parlar con nessuno: vieni con me, Tersite. (esce)
Ter. Quanti intrighi, e quante superbie, quanto sangue, e quante stragi per una meretrice ed uno sposo tradito! Nobile contesa in verità da eccitare tante fazioni gelose! Maledizione sopra tutti gli stolidi, e non se ne salvi uno da questa guerra! (esce)
Ag. Dov’è Achille?
Pat. Nella sua tenda, ma indisposto, signore.
Ag. Fategli sapere che siamo qui: ei non volle ricevere i nostri inviati, ed obbliando le prerogative che abbiamo, venimmo per visitarlo. Non dimenticate di fargli conoscere ciò, per tema che ei non imagini che non osiamo ricordarci dei nostri diritti che disconosciamo il nostro grado.
Pat. Glielo dirò. (esce)
Ul. Noi lo vedemmo dinanzi alla sua tenda; ei non è infermo.
Aj. Si, lo è, ma del male del leone, di superbia di cuore: potete chiamarla malinconia, se vi piace; ma io lo reputo puro orgoglio. Perchè poi lo sente egli? Ce ne desse almeno ragione. — Una parola con voi, signore. (parla ad Agamennone in disparte)
Nest. Perchè Ajace è così sdegnato contro di lui?
Ul. Perchè Achille gli ha sedotto il suo pazzo.
Nest. Chi? Tersite?
Ul. Sì.