Pagina:Saggio di racconti.djvu/116

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108 racconto undecimo

con tanto amore, che il padre raddolcita la voce e le maniere — «Sì, sì... esclamò, dimmi tutto; non mi tener più in questa incertezza.» Allora l’Anna incominciò francamente: «Francesco da un pezzo in qua patisce molto, ma molto. Egli si logora dentro di sè, poverino, si dispera, perchè voi gli avete proibito di studiare il disegno. Vorrebbe obbedirvi, ma non può; si sente una vocazione invincibile alla pittura; non dorme la notte per disegnare, non mangia per la passione; e se continua in questo modo, finisce miseramente. E più di tutto lo tormenta la difficoltà d’obbedirvi. Ieri mi confidò ogni cosa. Oh! se l’aveste visto piangere, rimproverarsi...» Ma ella non poteva continuare per il singhiozzo, e stringendo al babbo le ginocchia, si studiava d’impietosirlo. Il suo volto esprimente ora il dolore, or la speranza, seguiva tutti i più piccoli moti di quello del padre; ed a lui pareva che ogni sguardo della figliuola gli penetrasse nel fondo del cuore. «Ah! sì, diss’egli dopo un momento di silenzio, io doveva prevedere qualche conseguenza dal mio divieto; ma non credeva che Francesco dovesse giungere a questo segno. Dunque avrà proseguito a dar retta al Diacceto; e si prevale della notte....» — «Ma è pentito, interruppe la sorella, e se non vi fosse stato indotto, chi sa?» — «Intanto, riprese il padre, ecco distrutte le mie speranze... — Ma se la vocazione è vera! — Chi me ne assicura? — Mirate, babbo mio, mirate com’è ridotto!» soggiunse ella piangendo. Si provò Michelangiolo, ma