Pagina:Saggio di racconti.djvu/117

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cecchin salviati 109

non gli riuscì, a mostrarsi renitente ed austero; e finchè restò un po’ incerto sul partito da prendere, gli convenne fuggire li sguardi di quella cara creatura... Ma alla fine aveva viscere di padre; la condotta di Francesco nel rimanente era stata sempre buona, e a così tenere esortazioni era cosa ardua il non piegarsi. Tuttavia era compatibile se esitava a rispondere. Ma quella titubanza cominciò oramai ad esser troppo penosa per lui e per l’Anna. Gli vennero sulle labbra alcune parole di rimprovero, gli ribollì l’aver disegnato di notte, il non aver saputo nulla per tanto tempo, la segreta corrispondenza col Diacceto... Ma queste idee troppo incalzate l’una dall’altra si distrussero tra di loro; tutto il rimprovero svanì in due o tre suoni senza significato, e alla fine respingendo con dolcezza le mani dell’Anna, e voltandosi indietro, le disse: «Ebbene! gli concederò di provarsi per qualche tempo; se la sua vocazione sarà vera, se i maestri conosceranno che vi sia fondamento, gli permetterò di fare il pittore.» l’Anna con un grido di gioia balzandogli al collo, e piegandosi sotto il suo volto per conoscerne i moti, «Grazie, babbo, esclamò, grazie! Già gli vorrete bene come prima, è egli vero?» Michelangiolo le lanciò un’occhiata di rimprovero per l’ingiusto sospetto; ma poi rasserenandosi tutto, dandole un bacio, «Come a te, rispose, come ai figliuoli di quell’angiolo di tua madre. Dio me la tolse, continuava con un trasporto di tenerezza; ma ci siete rimasti voi, con la stessa sua