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144 racconto undecimo

nel suo letargo. Quell’occhiata e quell’aspetto aggiunsero fede alla trista nuova; ma appena che il chirurgo ebbe esaminata la ferita, dichiarò non esservi pericolo di morte, e l’Anna potè respirare. Il ferito dopo la medicatura stette meglio, riconobbe l’Anna, le sorrise, le chiese un bacio, e tutto lieto esclamò: «Hanno dovuto fuggire; rallegrati; oh, non s’arrischieranno più d’invitarci a una veglia come stanotte.» La sorella con parole amorose gli raccomandò di star quieto, e di far di tutto per guarire più presto; ed egli consolato dai suoi modi affettuosi obbediva senza saziarsi di rimirarla.

La cura della sua ferita fu lunga e penosa; ed intanto i Fiorentini intrepidi nella città assediata1, ardimentosi in campagna, sotto la guida del valoroso capitano Ferruccio facevano vedere a tutta Europa con esempio mirabile nelle antiche e nelle moderne istorie quanto possa l’amor di patria. E se era destinato che dovessero soccombere, sarebbero caduti gloriosi e non vinti. Non le minacce, non la carestia

  1. «.... Le botteghe stavano aperte, i magistrati rendevano ragione, gli uffici si esercitavano, le chiese si ufiziavano, le piazze e ’l mercato si frequentavano, non si facevano tumulti fra’ soldati, non questioni tra i Fiorentini; perciocchè sebbene erano tra loro molte gozzaie e di cattivissimi umori, essendo di tanti pareri e in tante parti divisi, eglino nondimeno si astenevano, non che da manomettersi l’un l’altro co’ fatti, d’ingiuriarsi colle parole, dicendo: Questo non è tempo da far pazzie; leviamci costoro da dosso, e poi chiariremo questa partita tra noi. Avevano scritto in su tutti i canti principali a lettere grandi, e con gesso e con carbone, poveri e liberi. Varchi Lib. X.