da comprare a buon mercato un bel podere nelle sue vicinanze. Si trattava di una vendita forzata per fare un pagamento di debiti e di frutti scaduti da lungo tempo. «E di chi è questo podere? domandò il Valenti.» — «Appartiene, rispose il contadino, alla vedova di un signore che morì fallito per cattiva condotta, e lasciò la moglie in miseria. I creditori s’impossessarono d’ogni cosa, fuorchè di questo podere; e la vedova sperava di conservarlo; ma sono stati scoperti altri debiti; ha perduto una causa, ed ora è costretta...» — «Povera signora! interruppe il Valenti; e voi volete che io mi approfitti della sua disgrazia?... — Signor mio! so che l’ha i denari preparati per comprare un altro podere... un compratore per questo vi deve essere; e se non è l’uno, sarà l’altro.» — «Trista necessità! soggiunse il Valenti.» — «E giacchè il podere è buono, seguitava il contadino, non mi parrebbe partito da disprezzare. — E dove rimane questo podere? — Sulla strada, alla distanza di qui di due miglia. — Sulla strada! E la padrona dove abita? — Io non lo so di sicuro; ma corre voce che dopo la disgrazia del marito la si sia ricoverata nella casa del suo contadino. — Sapete voi se ha figliuoli? — Credo che ne abbia uno. — E a quanto ascende il debito per il quale è costretta a vendere il suo podere? — Per quello che ho udito dire deve essere un debito di quattrocento scudi.» — «Ho capito, soggiunse il Valenti, non importa che me ne parliate più; lasciate correre...» E licenziò il contadino. Quindi andò subito alla Ca-