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154 al polo australe in velocipede


— I nostri viveri, diss’egli: biscotti, pemmican, farina, pesce secco, porco salato, grasso, cioccolato, caffè, ecc.: centoventi chilogrammi.

— Ma voi volete digiunare, disse Bisby.

— Contiamo anche sulla caccia, rispose Wilkye. Tre vesti di ricambio, tre paia di scarpe di feltro e di tela da vele, tre coperte, una tenda, un po’ di vasellame, due pentole di ferro: venticinque chilogrammi.

— E non soffrirete il freddo? chiese Bisby.

— Ritorneremo prima dei forti geli, ve lo dissi già. Tre fucili, tre ascie, dei pezzi di ricambio per la macchina, polvere, palle, piccoli oggetti: trenta chilogrammi.

— Totale, centosettantacinque chilogrammi, disse il negoziante.

— Peso nostro centosessantadue chilogrammi, disse Wilkye. Aggiungiamo ora cento litri di petrolio, alcune bottiglie di gin e di wisky ed altri piccoli oggetti, formeremo un peso di quattrocentocinquanta chilogrammi, ossia il necessario per poter ottenere, dal nostro velocipede, una rapidità di trenta miglia all’ora. È tutto a posto?

— Tutto, signore, risposero i due velocipedisti.

— Avete preparata la colazione, Bisby? È una colazione d’addio e dovete procurare che sia eccellente ed abbondante.

— Le pentole bollono in modo che pare vogliano scoppiare. Ehi, sotto-cuoco, a che punto siamo?

— Possiamo servire, signore, rispose il marinaio.

Bisby, anche in quella solenne circostanza, non aveva mancato di farsi onore ed anche di abbondare un po’ troppo, tanto anzi, da far nascere a Wilkye delle serie inquietudini sulla durata delle provviste.

Quella colazione, quantunque assai deliziosa, fu triste