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Pagina:Salgari - I drammi della schiavitù.djvu/193

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i drammi della schiavitù 191


quanto quello di Pernambuco e delle dembo, piante arrampicanti, dai tralci lunghissimi, con poche foglie verdi, e dai cui tronchi si estrae un eccellente caucciù che è molto ricercato dagli europei, essendo migliore di quello che producono gli alberi gommiferi dell’America del Sud.

In mezzo a quelle piante si cominciava a vedere qualche uccello, ma per lo più era piccoli pappagalli grigi, i quali si tenevano appollaiati sugli alberi più elevati, rendendo vani i tentativi dei marinai per impadronirsene, essendo sprovvisti di piombo minuto.

Niombo però, pensava alla cena. Ogni qual tratto si arrestava per raccogliere delle noci di goro incompatibili ai palati europei per la loro estrema amarezza, ma molto apprezzate dai negri, o qualche banano maturo che doveva essere delizioso cucinato sotto la cenere, qualche pugno di ocro, eccellente legume che ha il sapore degli asparagi e degli steli di mussoà che dànno un piccolo grano verde, molto ricercato.

Quando il sole tramontò, Kardec, che vedeva i suoi uomini cadere dalla stanchezza, diede il segnale di fermata ai piedi di un baobab immenso, che coi suoi rami giganteschi poteva riparare un reggimento di persone.

Niombo, che non ignorava quanto siano pericolosi gli accampamenti in piena foresta, fece raccogliere grande quantità di legna secca e fece accendere parecchi fuochi per tener lontane le belve feroci.

Cenarono in fretta, poi s’addormentarono sotto la guardia del negro, di Vasco e di due marinai, ai quali spettava il primo quarto di guardia.

Dormivano da mezz’ora, quando il silenzio profondo che regnava nella foresta, fu rotto da un grido strano che non era nè il formidabile barrito di un elefante, nè il ruggito d’un leone, nè l’urlo di un leopardo, nè il riso stridulo d’una jena, nè il mugolìo d’uno sciacallo. Era un grido potente, che pareva emesso da un essere dotato d’una grande forza polmonare.

Niombo, udendolo, si era alzato di scatto, tenendo il fucile in pugno, gettando sguardi inquieti sotto le piante che spandevano all’intorno una cupa ombra.

– Cos’è? – chiese Vasco.

– Un cula-camba, o un nesciego nebuve – rispose il negro, con un legger tremito della voce.

– Un animale?