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i naviganti della meloria 173

abbondanza, Vincenzo. Coraggio amici, non è il momento d’indietreggiare.

Durante lo scavo della prima galleria, Roberto aveva già sciolto la zattera ed il legname era stato messo al sicuro, sul fianco della frana.

I tre pescatori trasportarono le tavole e le traverse fino presso la vôlta del canale poi nella galleria ed il lavoro fu ripreso con novello vigore. Mentre padron Vincenzo e Michele tornavano a scavare, il dottore e Roberto s’affrettavano a collocare le traverse ed a puntellarle.

Essendo necessario molto legname, anche le botti erano state sfondate per poter utilizzare le doghe.

Dopo qualche ora padron Vincenzo s’avvide del felice successo ottenuto con quel sistema usato dai minatori di carbon fossile. Le vôlte non franavano più e permettevano di spingere il lavoro con maggior alacrità, senza poi contare la maggior sicurezza.

Dopo altre tre ore, la nuova galleria era stata approfondita di altri quattro metri e senza che cadesse una sola palata di terra.

La stanchezza costrinse ben presto i lavoranti a sospendere l’escavazione. Da più di venti ore non avevano chiusi gli occhi un solo momento e non si reggevano più in piedi.

Trovato un piccolo spazio quasi piano si lasciarono cadere al suolo, addormentandosi di colpo.

Quanto durò quel sonno? Era impossibile a saperlo.

Mangiati pochi biscotti quando si svegliarono, e vuotata una scatoletta di tonno, ritornarono nella seconda galleria colla speranza di poter finalmente attraversare la frana e giungere nel canale.

Stavano per intaccare il terreno, quando un rombo sordo si propagò attraverso gli strati del suolo.

I quattro esploratori si guardarono in viso l’un l’altro, con terrore.

— Ancora il terremoto? — chiesero Michele e Roberto, con voce angosciata.

— Ma no — disse padron Vincenzo. — Questo rombo mi parve ben diverso dall’altro. Cosa dite dottore?

Il signor Bandi invece di rispondere aveva appoggiato un orecchio al suolo e ascoltava con grande attenzione.

Un secondo, poi un terzo, indi un quarto rombo si fecero udire a brevissima distanza l’uno dall’altro.

— Amici! — esclamò il dottore, con accento giulivo. — Non sapete da che cosa prevengono questi rombi lontani?

— Annunciano una nuova scossa, è vero signore? — chiese Roberto.

— No, miei amici! Sono colpi di cannone!

— Di cannone! — esclamarono tutti, con stupore.

— Sì — riconfermò il dottore.

— Ma allora noi siamo presso il golfo! — esclamò padron Vincenzo.

— Certamente e forse noi ci troviamo ora sotto le fortificazioni della città. Non udite che questi colpi prevengono dall’alto? Forse il franamento ha lasciato qualche fessura comunicante colla superficie del suolo ed il rimbombo dei cannoni si ripercuote fino a noi.