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94 'Capitolo Tredicesimo.

— Da molto tempo.

— Perchè sono stati risparmiati?

— Hanno portato del ferro.

— Sono giunti su una grande piroga grossa come questa?

— Sì, — rispose il selvaggio, dopo un momento di esitazione.

— È naufragata la loro nave?

— Lo credo.

— E su Pagai-Modu non ne hai veduti?

— Mai, — rispose il capo prontamente.

— Eppure ieri sera uno di quegli uomini bianchi ha tentato di salire sulla nostra nave. —

Il selvaggio guardò il chinese per qualche istante, poi disse:

— Io non so nulla; a Pagai-Modu non ho mai veduto uomini bianchi.

— Su queste coste vi è qualche villaggio?

— Sì, quello di Hapai.

— Lontano?

— È in mezzo ai boschi, laggiù, — disse il capo, indicando le coste meridionali dell’isola. — Anzi i suoi abitanti sono in guerra con Tafua.

— Per quale motivo?

— Gli hanno mangiato un figlio.

— E tu...

— Basta, — disse il capo. — Tu mi hai promesso del ferro e non me lo hai ancora dato ed i miei uomini hanno fame.

— Diamo a loro da mangiare, — disse l’argentino, dopo d’aver udita la traduzione di quelle parole. — Poi torneremo ad interrogarlo.

— E cercherò d’indurlo a trasportarmi da Tafua, — disse Sao-King.

— Ti fidi di questo antropofago? — chiese Cyrillo.

— Sapendo che io sono amico di Tafua non oserà toccarmi, — rispose il chinese.

— Ed io ti accompagnerò, — disse Ioao. — In due correremo minor pericolo. —

Vuotarono una cassa contenente alcune dozzine di biscotti che offersero al selvaggio.

Questi appena li vide, ne afferrò avidamente uno, stritolandolo come fosse un semplice crostino, poi ne gettò alcuni ai suoi uomini rimasti nella piroga.

Sao-King che voleva amicarselo, gli offrì anche un pezzo di prosciutto salato e mezza bottiglia di aguardiente, mentre l’argentino portava in coperta vari pezzi di ferraccio che facevano parte della zavorra.

L’antropofago non si era mai trovato ad un così lauto pranzo.

I suoi denti, duri come l’acciaio, sgretolavano i biscotti con una ingordigia prodigiosa e strappavano grossi pezzi dal prosciutto.