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Gli Avoltoi dello Stretto di Torres. 159

— Me lo hanno ucciso! Miserabili!...

— Che cos’è che vi abbiamo ucciso? — chiese il pirata, il quale pareva il capo di quella collezione di furfanti. — Io non vedo alcun morto qui.

— Dov’è mio fratello?

— Ah! Forse che uno di quei due era vostro fratello? Io lo ignoravo.

— Cosa ne avete fatto di lui?

— Non ve l’ho guastato, giovanotto, ve lo accerto, — disse il pirata. — Se però non si arrenderanno, la passeranno male quei due ostinati.

— Dove sono? — chiese Sao-King.

— Si sono barricati nel quadro e rifiutano di disarmare. Ciò non la può durare.

Sono dieci ore che li assediamo e comincio ad averne abbastanza.

Se non cedono farò mettere in batteria uno di questi pezzi e frantumerò la loro barricata.

Ora però ci siete voi.

— Che cosa sperate da noi? — chiese Ioao.

— Li costringerete ad arrendersi.

— Rifiutiamo.

— Là là, giovanotto!... Avete da fare con persone che non hanno scrupoli e che vi getteranno in mare con due palle di cannone legate ai piedi, se vi rifiuterete di ubbidirmi.

Ohe, Stoven, porta una lampada onde possa vedere i volti di questi due signori.

Devi avere anzi ancora una bottiglia di gin.

— Sì, Strong.

— Ne offriremo una goccia a questi signori. Non vi farà male, è vero giovanotto?

Mentre il marinaio chiamato Stoven portava la lampada, Ioao ed il chinese guardavano con un misto di curiosità e di timore quei banditi.

Strong era un uomo di media statura, con un collo da toro, un dorso da bisonte, membra enormi.

Al pari degli altri, aveva una foresta di capelli rossicci ed una barba lunga ed arruffata, con un naso in forma di becco di pappagallo e rosso come un peperone, probabilmente in causa del troppo gin bevuto.

Una larga cicatrice, profonda e rossiccia, gli solcava la fronte, prodotta forse da un terribile colpo di scure o da una sciabolata.

I suoi accoliti non facevano brutta figura accanto a quell’orso marino.

Erano tutti di forme massicce, biondi, con capelli e barbe arruffate, lineamenti duri, angolosi e occhi azzurrastri.