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Combattimento terribile. 43

— Potranno bastare, perchè molti dei nostri rimarranno qui e non di certo vivi. Se però dovremo andarcene, prepareremo ai chinesi una bella sorpresa.

— Incendierete la nave?

— Ah! No, perchè spero di ricuperarla più tardi. Abbiamo dell’arsenico a bordo, è vero, Francisco?

— Capitano! — esclamò il vecchio bosmano, con un brivido. — Cosa volete fare?

— Avvelenerò la provvista d’acqua.

— Volete commettere simile ecatombe? No, non lo farete!

— Silenzio! Ecco i chinesi che tornano a sbucare dal quadro! Fuoco, ragazzi! Battaglia senza quartiere! Se vincete, doppia paga per un mese e doppia razione d'aguardiente fino all’approdo!

I marinai non avevano bisogno di venire eccitati. La paura di cadere vivi nelle mani dei chinesi li spingeva a difendersi disperatamente, ben sapendo che non avrebbero avuto quartiere.

Sparavano all’impazzata, facendo fuoco sui gruppi più numerosi, urlando e minacciando.

I chinesi cadevano a drappelli, eppure non si arrestavano. Gettavano tavole senza interruzione, sfidando intrepidamente la morte, guidati da un solo desiderio: quello di giungere sotto il castello di prora per schiacciare, col loro numero, quegli odiati uomini bianchi.

In mezzo al crepitare della moschetteria ed al rombo dei due pezzi di cannone, si udiva sempre la voce di Sao-King a gridare:

— Avanti! Avanti! Sotto i valorosi! Vendetta pei nostri morti!

La coperta della nave era ormai quasi tutta sepolta sotto quegli ammassi di tavole che venivano gettate senza posa.

Il momento dell’assalto si avvicinava.

I chinesi del cassero, dopo un’ultima scarica che aveva fatti cadere quattro marinai, si erano slanciati in coperta.

Il capitano contò rapidamente i suoi uomini.

Quattordici erano caduti, morti o feriti, ma ne rimanevano ancora ventisei.

— Tentiamo di prevenirli! — gridò. — Quattro uomini al pezzo e gli altri mi seguano.

Fece gettare due ponti sull’ultimo strato di palle e si slanciò giù dal castello seguìto dai marinai divisi in due drappelli.

— Caricate alla baionetta! — gridò.

I chinesi irrompevano in quel momento dal cassero, spingendosi innanzi tumultuosamente.

Si erano armati di tutto ciò che era caduto sotto le loro mani.

I fucili erano, come si disse, pochissimi. Gli altri avevano aspe, ramponi, traverse, boscelli che dovevano servire come fionde mostruose, o coltelli o semplici pezzi di legno strappati alle murate o alle cabine del quadro.