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44 Capitolo Sesto.

Alcuni colle porte delle cabine, avevano improvvisati degli scudi di dimensioni straordinarie troppo pesanti per un solo braccio.

Al colmando dato da Sao-King tutta quella turba indisciplinata ma pure decisa a gettare in mare l’intero equipaggio, si era rovesciata attraverso i ponti gettati sulle terribili pallottole, diventate ormai inoffensive.

— A morte! A morte! In acqua i bianchi! — urlavano tutti.

— Sgombrate! — tuonò il capitano.

Seguìto dai marinai, armati di fucili colle baionette innestate, di scuri e di sciabole d’arrembaggio, si era scagliato innanzi per respingere quell’orda tumultuosa.

I suoi uomini scaricano le armi a bruciapelo poi s’avventano contro i chinesi col coraggio che infonde la disperazione, forando petti e spaccando teste.

I coolies, sorpresi da quel contr’attacco fulmineo che fa strage delle prime file, oscillano, tentennano, poi dànno indietro rovesciandosi confusamente gli uni addosso agli altri.

Il capitano Carvadho, valendosi della sua forza prodigiosa, ha impugnato il pesante moschetto per la canna e martella furiosamente i crani pelati dei coolies, aprendosi un solco sanguinoso.

— Avanti! — tuona. — Spazzate la coperta e ricacciamo questi cani nel frapponte.

D’improvviso si trova dinanzi ad un ostacolo che non è facile a sfondarsi.

Sono i sette od otto chinesi armati di fucili e che Sao-King spinge coraggiosamente alla riscossa per lasciar campo agli altri di riordinarsi per non farsi macellare.

Quel pugno d’uomini fa una scarica a bruciapelo sui marinai, gettandone a terra cinque o sei, poi sorretti da un piccolo drappello armato di scuri e di aspe fa fronte agli altri, senza indietreggiare.

I marinai, sorpresi da quella resistenza inaspettata e assaliti di fronte e sui fianchi, indietreggiano a loro volta assieme al loro comandante sfuggito miracolosamente alle palle, ma ferito da un buon colpo di puntale che gli ha strappato mezzo orecchio.

Quel momento bastò alla turba indisciplinata per riorganizzarsi.

— Avanti tutti! — urla Sao-King, che combatte ferocemente alla testa dei suoi pochi fucilieri.

Un’orda intera si spinge nuovamente all’assalto percuotendo coi puntali, colle aspe, coi boscelli, cogli usci strappati alle cabine e lancia per ogni dove coltelli aperti.

Il cannone del castello di prora manda una bordata di mitraglia fra la folla, a rischio di colpire anche i marinai.

I coolies però non s’arrestano più. Incalzano i marinai minacciando di circondarli e li costringono finalmente a fuggire precipitosamente e tornarsene sul castello.

Una trentina d’uomini fra bianchi e gialli erano rimasti sulla