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236 Capitolo II.


Dalle corazzate e dagli incrociatori ancorati nel porto militare s’alzavano fragorosi urràh, ai quali rispondevano i marinai del Tunguska.

Fissate le ancore, l’incrociatore sfilò a piccolo vapore dinanzi alle navi, poi aumentò gradatamente la sua velocità, muovendo superbamente verso il mare.

L’Ammiragliato, preoccupatissimo per la comparsa di quella misteriosa macchina la quale, come ne aveva la prova, poteva recare danni immensi al commercio marittimo russo, aveva affidato al giovane comandante una delle più rapide e anche più formidabili navi della sua squadra del nord.

Era infatti una delle migliori navi di battaglia che solcassero in quell’epoca i mari.

Spostava dodicimila tonnellate e poteva filare benissimo, a tiraggio forzato, i suoi ventidue nodi all’ora, mercè le sue due macchine gemelle della forza di ventimila cavalli.

I fianchi della nave erano protetti al galleggiamento da una corazza di cintura spessa al centro venticinque centimetri e che si assottigliava alle estremità fino a dieci.

Al di sopra della cintura aveva un’altra corazza di quindici centimetri.

La sua formidabile artiglieria era rappresentata da due grossi pezzi da trenta centimetri, uno chiuso in torre a poppa e l’altro a prora; da dodici pezzi da venti centimetri a tiro rapido, chiusi a paia in sei torricelle e da quattordici pezzi da settantasei millimetri, collocati sulla coperta superiore e nelle coffe degli alberi militari.

La portata normale era di mille e duecento tonnellate, ma i carbonili erano stati costruiti in modo da contenerne anche duemila.

Con una nave di battaglia così superba, nessuno poteva dubitare di poter facilmente trionfare su quei misteriosi pirati dell’aria, misteriosi per gli altri però e non già pel baronetto, il quale aveva ormai perfettamente capito che stava per misurarsi coll’ex-comandante della Pobieda, poichè lui solo poteva aver interesse a riavere Wanda.

Il Tunguska filò attraverso i mari europei colla massima velocità, premendo al baronetto di giungere nei paraggi di Terranuova e dell’isola del capo Bretone, i luoghi preferiti, a quanto pareva, dagli uomini che montavano quella terribile macchina volante.

Prima però di abbandonare definitivamente il vecchio mondo per muovere verso il nuovo, il baronetto, da uomo prudente, fece scalo nel