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60 | emilio salgari |
— E l’avete ucciso?
— Allah l’avesse voluto.
— È ancora nel giardino?
— No, si è nascosto nel palazzo.
— E dove?
— Nell’harem, crediamo.
— Io non ho veduto nessuno.
— Ma forse è nascosto qui.
— In quale luogo?
— Non lo so, ma lo sapremo.
— Tu sei pazzo, Aliabad. Se fosse qui entrato, io l’avrei veduto. Cerca invece nelle altre stanze dell’harem.
— Se non lo trovo qui, le visiterò accuratamente una per una, poi tutte le altre, e se sarà necessario, anche il tetto del palazzo. Lascia ora che noi esaminiamo il tuo appartamento.
— Ti ripeto che tu sei pazzo. Qui non c’è nessuno.
— Non importa; faccio il mio dovere — disse il guardiano con risolutezza.
— E se io te lo vietassi?
— Non ti obbedirei. Io sono il capo dei guardiani e ho il dovere di visitare tutte le stanze dell’harem.
— Ebbene, le mie non le visiterai — diss’ella con suprema energia. — Esci di qui.
— No, padrona.
— Esci di qui, schiavo.
— Dopo che mi sarò accertato che qui il ribelle non c’è.
— Non sai adunque che io sono una figlia pel tuo padrone?
— Lo so, ma io devo fare il mio dovere, ti ho detto, signora.
— Ma io ti farò frustare a sangue, se osi contraddirmi.
— Dopo mi farai anche impalare, se vuoi; ma io visiterò le tue stanze.
Una vampa d’ira salì in viso alla giovinetta, che forse per la prima volta si vedeva contrariata da uno schiavo.
— Aliabad, esci di qui — diss’ella coi denti stretti.
— Non lo posso, padrona. Sopra di te comanda il padrone, e, disobbedendogli, sarebbe capace di farmi impalare. Fate il vostro dovere, voialtri — disse rivolgendosi verso i suoi dipendenti.
Estrasse il kandjar e si fece innanzi seguito da loro, ma la