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Si ottiene colle foglie dell’yerba (Ilex Paraguayensis), un arbusto alto otto o dieci metri, che coltivasi specialmente nel Brasile, a Rio Grande e San Paulo, dove lo si chiama arvore de Congonha, e soprattutto nel Paraguay, dove cresce più bello e dà foglie più profumate.

Non appena l’arbusto ha raggiunto il suo massimo sviluppo, si tagliano i rami e vengono messi un po’ sul fuoco, affinchè le foglie si stacchino più facilmente; poi queste, assieme ai rami più giovani, vengono stese su graticci intrecciati (barbracnas), accendendovi sotto un fuoco, che si mantiene per quarantotto ore, quindi, quando sono ben secche, si battono con certe sciabole di legno, facendole passare attraverso le barbracnas, e da ultimo si chiudono entro sacchi di pelle non conciata, detti tercios, della portata di circa cento chilogrammi.

Lo smercio che se ne fa è immenso, poichè quasi tutti gli abitanti del Paraguay, del Rio della Plata, del Rio Grande del sud, del Chilì, della Bolivia e di gran parte del Perù, ci sono tanto abituati che non saprebbero farne senza. In quanto poi ai gauchos, lo preferiscono al tabacco e ai liquori; il che è tutto dire per quei furiosi fumatori e insaziabili bevitori di câna.

Sorseggiata la deliziosa bevanda, i due gauchos s’alzarono di comune accordo, raccogliendo i loro enormi tromboni, stati già precedentemente caricati fino quasi alla bocca con palle, chiodi e anche ciottolini.

Caballeros, — disse Ramon, il più ciarliero e anche il più gentile, — occupate i nostri letti e non datevi pensiero di noi. Accampiamo all’aperto, a fine di non lasciarci sorprendere dagli indiani, che non devono essere molto lontani.

— Buona notte, — rispose Diego, — e se vedete avvicinarsi quelle canaglie, non indugiate a svegliarci. Abbiamo dei buoni fucili e siamo abili tiratori.

— Non dubitate, — risposero i gauchos.

— Che ti pare di quegli uomini, marinajo? — chiese Cardozo, quando furono soli.