Pagina:Salgari - Il tesoro del presidente del Paraguay.djvu/12

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calare dagli alberetti di maestra e di trinchetto e furono legati all’anello.

— È fatto — dissero gli ufficiali al capitano.

— Il tubo?

— È già stato adattato e basta introdurlo nell’orifizio.

— Si chiami l’agente del Governo.

Un marinaio scese nel quadro di poppa e poco dopo ritornava accompagnato da un uomo tutto vestito di nero e che pareva si fosse appena allora svegliato.

Era un uomo sui trentacinque o trentasei anni, di statura alta, assai magro, dalla tinta pallida e la faccia accuratamente sbarbata. I suoi occhi, piuttosto piccoli e che avevano qualche cosa di falso, le angolosità del suo viso, il sarcastico sorriso che errava continuamente sulle sue labbra sottili, non lo rendevano troppo simpatico, e fino dal primo momento in cui aveva posto piede sull’incrociatore, fra i marinai aveva destato un senso di viva antipatia.

— Signore, — gli disse il capitano, muovendogli incontro, — noi siamo inseguiti e il brigantino del capitano Avellana non è comparso.

Il viso del signor Calderon rimase perfettamente impassibile, né le sue labbra si schiusero per rispondere.

— Mi avete ben compreso? — replicò il capitano.

L’agente del Governo fece un cenno affermativo col capo.

— Voi che avete avuto pieni poteri dal Presidente, che cosa mi consigliate?

— Fate il vostro dovere, — rispose l’agente con voce pacata e secca.

— Vi prevengo che, se mi vedo stretto da vicino dalle navi degli alleati, darò fuoco alle polveri piuttosto che le armi e le cartucce cadano nelle loro mani.

L’agente questa volta trasalì e corrugò leggermente la fronte.

— E il tesoro del Presidente? — chiese.

— Ho quanto mi occorre per salvarlo.

— Se noi tutti saltiamo, anche i milioni salteranno.

— No, signore.