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il treno volante | 41 |
— Eppure è una cosa semplicissima.
— Quando giungeremo sul continente?
— Domani a mezzogiorno, se il vento ci aiuterà.
— Con quale velocità avanziamo?
— Avendo il vento di traverso, ora non percorriamo più di dodici o tredici miglia all’ora; quando però metteremo la prora verso l’ovest, faremo senza fatica le nostre trenta e forse quaranta miglia.
— Ah! Guarda la dau!
— Dell’arabo?
— Sì, Ottone.
— Cosa fa?
— Si è messa alla vela e lancia dei razzi.
— Si vede che cerca di segnalarci a Zanzibar. Sarà troppo tardi.
— È rimasta già molto indietro.
Il tedesco si curvò sull’orlo della piattaforma e guardò verso il sud. Sulla bruna superficie del mare si vedeva la dau correre a tutte vele spiegate, dirigendosi verso il nord. Cercava di gareggiare col treno aereo, perdendo invece via ad ogni istante.
— Lasciamola correre — disse il tedesco. — Quando giungerà a Zanzibar, El-Kabir ed i suoi servi saranno con noi.
— Ottone, tu hai dimenticata una cosa!
— Quale? Ho imbarcato tutto, perfino la zavorra.
— Noi non abbiamo dato ancora un nome al nostro pallone.
— È vero, Matteo.
— Lo chiameremo Germania.
— Sia — rispose il tedesco, sorridendo. — Attento, Matteo! Scorgo i sobborghi di Zanzibar.
— Di già?
— Camminiamo, mio caro.
— E a me sembra invece che il tuo treno sia immobile e che sia la costa che fugga.
— Chi naviga in un pallone soffre sempre di queste illusioni. Occupati dei due motori, tu.