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La savana sommersa. 165

volato e sgradevolissimo, s’alzavano fra i cespugli e le macchie empiendo la foresta di grida, di cinguettii, di schiamazzi.

Sotto le sipo invece saltellavano a miriadi le schifose barata, sorta di piattole puzzolenti, di color bruno, che sono la disperazione dei poveri indiani perchè quando riescono ad introdursi in una capanna, in una sola notte divoravano provviste, veste, pelli, amache, lacci.

La foresta a poco a poco diventava umidissima. Il suolo cedeva facilmente sotto i piedi dei fuggiaschi, conservando le orme che gli Eimuri potevano seguire senza fatica e dalle piante cadevano goccioloni. La marcia, già tanto faticosa, diventava in tal modo sempre più difficile mettendo ben a dura prova Alvaro ed il mozzo i quali penavano a trascinarsi dietro al marinaio che, abituato alle lunghe e velocissime marce degl’indiani, pareva infaticabile.

Verso le dieci Diaz, accortosi dello stato compassionevole dei compagni, si decise ad accordare loro un po’ di riposo. Capiva che non si poteva chiedere di più alle loro forze già estremamente esauste e poi l’appetito cominciava a farsi sentire colla magrissima cena della sera innanzi.

— Fermiamoci qualche ora e cerchiamo qualche cosa da porre sotto i denti, — disse.

— Era tempo, — rispose Alvaro. — Se la corsa continuava ancora un po’ mi lasciavo cadere al suolo.

E poi stomaco vuoto non sta dritto. Ah! Se avessimo ancora le nostre gallette!

— Sono già state digerite dagli Eimuri; non pensateci quindi più. Vi rifarete nei villaggi dei Tupinambi, se riusciremo a raggiungerli.

— Dubitate che noi possiamo sfuggire all’inseguimento degli Eimuri? — chiese Alvaro con inquietudine.

— Sì, se non troviamo qualche rifugio inaccessibile od un altro fiume che li arresti e che permetta a noi di guadagnare via.

Ve lo dissi già, quei selvaggi corrono velocemente e voi non potete gareggiare colle loro gambe.

Tuttavia non disperiamo e poi voi avete dei fucili e le armi da fuoco producono sempre una tremenda impressione sugl’indiani.

Ah! Ma noi dimentichiamo la colazione. Eh! —

Aveva alzato il capo guardando un albero, alto trentacinque