Pagina:Salgari - L'Uomo di fuoco.djvu/93

Da Wikisource.

La zattera vivente. 87

Assai tristi e molto preoccupati fecero il giro dell’isolotto, colla speranza di trovare qualche tronco d’albero arenato sulle sue rive o qualche cosa che potesse servire ad attraversare quella maledetta palude, poi scoraggiati dalla inutilità delle loro ricerche fecero ritorno al loro accampamento. Erano entrambi assai abbattuti e ne avevano ben il motivo. Come sarebbero usciti da quella situazione imbarazzante? Era bensì vero che, almeno pel momento, nessun pericolo li minacciava, tuttavia non si sentivano affatto disposti a finire i loro giorni su quel brano di terra che non offriva alcuna risorsa.

Alvaro invano frugava e rifrugava il suo cervello, non trovava alcuna via d’uscita. Senza una scialuppa o del legname, non vedeva la possibilità di sfuggire a quella prigionia.

Le ore passavano senza che la loro situazione si modificasse.

Un calore estremo regnava sulla vasta palude le cui acque fumavano come se il loro fondo ribollisse. Il sole dardeggiava i suoi raggi quasi a piombo rifrangendo la luce con tale intensità che gli occhi dei due naufraghi ne venivano dolorosamente feriti.

Di quando in quando il silenzio che regnava nella palude, veniva improvvisamente rotto da una volata di gallinago che sono una specie di beccaccini o di piassoca, uccelli che hanno le ali munite di lunghe dita e che si posano volentieri sulle larghe foglie delle piante palustri o da qualche banda di gallinelle acquatiche dalle penne turchino cupe.

Talora invece era un caimano che turbava la tranquillità della savana. Lo si vedeva avanzarsi pigramente attraverso le foglie delle victorie, col dorso ricoperto di piante e poi scomparire dietro gli isolotti sulle cui rive probabilmente andava a sdraiarsi per godersi un po’ di sole.

Il mezzodì doveva già essere trascorso, quando il mozzo che fino allora era rimasto sdraiato all’ombra dei pao de ferro, ruminando inutilmente progetti impossibili, si alzò dicendo:

— Signor Alvaro, noi non abbiamo pensato ad un grave pericolo che ci minaccia peggio della fame. Ho sete, brucio, signore e non posso più resistere. —

Il portoghese si era pure alzato, guardandolo con angoscia. Era vero: fino allora si era scordato che le acque della palude erano salmastre.

— Ma allora noi siamo perduti! — esclamò.

— Sì, se non troviamo un mezzo qualunque per andarcene, — rispose il mozzo.