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e degli Jaruri, ma anche quelle ben presto scomparvero per opera della potente tribù dei Caribbi che già distrusse, nello scorso secolo, un grande numero di nazioni orenochesi, fino a che, a sua volta, venne poi fiaccata e per sempre, dalle grandi tribù alleate dei Caveri e dei Guipunavi.

Essendo la foce del Cassanare deserta e mancando la brezza, don Raffaele decise di arrestarsi una giornata per dare un po’ di riposo ai compagni ed anche per rifornirsi di carne fresca. Non voleva toccare le provviste di riserva che potevano diventare indispensabili durante la grande piena, nel caso che dovessero trovarsi, in quell’epoca, ancora sul fiume gigante.

Il luogo scelto per l’accampamento era l’estremità d’una penisola che divideva i due fiumi, ombreggiata da alcuni gruppi di candelabri (curopia), strani alberi, curiosissimi per la regolare disposizione dei loro rami e per le tinte argentine delle foglie e che producono frutti grossi quanto quelli degli alberi del pane, ma di forma più cilindrica.

Ancorata la scialuppa sulla sponda e assicurata solidamente per impedire alle correnti di trascinarla via, i viaggiatori tesero fra i rami degli alberi le loro comode amache per preservarsi dai serpenti che sono numerosissimi in quelle regioni.