Pagina:Salgari - La Città dell'Oro.djvu/222

Da Wikisource.
214 la città dell'oro

gota, scorre verso l’est-sud-est, poi piega decisamente all’est formando per un largo tratto il confine venezuelano e si scarica nell’Orenoco sotto la famosa cascata di Ature a 6° 15’ di latitudine nord e 87° 97’ di longitudine ovest, dopo d’aver ricevuto l’Upia, il Cascana, il Crabo, l’Oripaura, il Chire, ed un braccio del Cassanare.

Le sue acque scendono lente, ma durante l’estate sono coperte da grandi ondate in causa dei venti impetuosi che lo dominano, e durante le sue piene diventa pericoloso per le enormi quantità di legname che trascina.

Solca terre fertilissime, ove il riso dà tre raccolti all’anno, e foreste immense antiche quanto il mondo, popolate da numerose tribù, dai Salivi, dagli Accaguè, dai Caveri e soprattutto dai Guaivi, indiani, questi, assai bellicosi, che resistettero in ogni tempo alle armi degli spagnuoli e che respinsero sempre i missionari.

Un tempo, sulle rive di quel grosso affluente, sorgevano molte missioni fondate dai frati Agostiniani, ma a poco a poco gl’indiani prima le abbandonarono, poi le distrussero quasi tutte.

I viaggiatori si erano arrestati all’estremità d’una penisola che si protendeva sull’Orenoco per parecchie