Pagina:Salgari - La Città dell'Oro.djvu/288

Da Wikisource.
280 la città dell'oro

legger sapore di terebintina, qualche albero di cacao e qualche pianta di caffè, ma ormai semi-infruttifera per mancanza di cure.

Yaruri però non si curava di quelle piante. Egli mosse diritto verso certe pianticelle, sollevò rapidamente la terra ed estrasse un grosso bulbo somigliante ad una patata, esclamando:

— La manioca!... Il pane è assicurato.

— È buona questa manioca? — chiese Alonzo.

— Eccellente, — rispose il dottore.

— Assaggiamola.

— Sei pazzo! — esclamò Velasco. — Se la mangi così morrai.

Alonzo lo guardò con stupore.

— Ma contengono del veleno questi bulbi?

— E potente, giovanotto mio. Basta una piccola dose del succo di questi tuberi per produrre vomiti, convulsioni, gonfiezza del corpo e quindi la morte.

— Ma come si mangiano adunque?

— I bulbi devono prima subire una speciale preparazione per sbarazzarli del succo velenoso. Vedrai Yaruri all’opera.

— Tutti gl’indiani sanno prepararli?

— Tutti, e nell’America del Sud si fa un consumo enorme di cassava e di cuac.