Pagina:Salgari - La Città dell'Oro.djvu/98

Da Wikisource.
90 la città dell'oro

modeste e più umili che si mantengono a fior d’acqua. I viaggiatori navigavano da tre ore, con una velocità di cinque a sei nodi, essendo la corrente dell’Orenoco sempre debole in causa della pochissima pendenza del letto, quando il dottore, che stava a prua, additò un’abitazione situata presso la foce d’un piccolo fiume della sponda destra.

Era una specie di tettoia aperta da un lato, col tetto e le pareti coperte di curua, piccole foglie di palma adoperata dagli indiani nelle loro costruzioni, ed era collocata su di una palafitta per metterla al riparo dalle piene periodiche del fiume.

Legato ai pali, un piccolo canotto indiano, un montaria, scavato nel tronco d’un albero col fuoco, si dondolava sotto le ondate della corrente.

— Che sia abitata quella capanna? — chiese Alonzo.

— Non vedo alcuno, — disse don Raffaele.

— Che indiani abitano queste sponde?

— Gli Ottomachi.

— Indiani da temersi?

— No, ma non amano la compagnia degli uomini bianchi.

— Andiamo a visitare quella catapecchia, — disse il dottore. — Sarei ben contento di trovare il proprietario.