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I «fjords» della Norvegia 43


– Si adopera ancora il rampone? – chiese il tenente Querini che s’era appressato.

– È un’arma ormai passata d’uso, – rispose il capitano. – Quindici o vent’anni or sono si usava assalire la balena con una specie di lancia, foggiata a V, coi margini esterni molto taglienti e quelli superiori larghi ed il manico di legno, e veniva scagliata da un bravissimo fiociniere; però la caccia offriva dei gravissimi pericoli. Le scialuppe montate dai cacciatori venivano facilmente rovesciate dalle ondate o dai colpi di coda del cetaceo, dovendosi avvicinare molto a quei giganti del mare, per scagliare con maggior sicurezza il rampone. L’agonia delle balene era allora lunghissima e qualche volta perfino le navi correvano dei seri pericoli. Mi ricordo, anzi, che un veliero fu mandato a picco di colpo da una testata datagli da un cetaceo furibondo. Ora, la caccia non offre più tanti rischi, anche perché le navi baleniere hanno adottato il vapore.

– E che cosa adoperano?

– Dei cannoncini.

– Tirano forse a palla contro le balene?

– Non sempre, e poi si tratta d’una palla vuota contenente una quantità di stricnina capace di fulminare i cetacei più giganteschi. Ordinariamente però si usa l’arpione, molto più pesante di quello che adoperavano i fiocinieri, con la punta fatta a foglia d’ulivo e fornito, sul manico, di due lame che si aprono in senso contrario onde impedire che l’arma, una volta entrata nel corpo della balena, possa poi uscire. Al manico viene attaccata una forte lenza, lunga da quattrocentocinquanta a cinquecento metri, che sovente non basta, ed i balenieri sono costretti ad aggiungerne una seconda, e talvolta anche una terza.

– E muore subito il cetaceo, dopo d’aver ricevuto l’arpione in pieno corpo?

– Mai più. Hanno una vitalità straordinaria, quei giganti del mare, ed una sola ferita non basta ad ucciderli. Appena toccati, fuggono disperatamente, all’impazzata, ora tuffandosi ed ora tornando a galla, ed i balenieri, per finirli, sono costretti a dargli la caccia colle scialuppe, lanciandogli altri arpioni, specialmente sotto la coda per recidergli le ultime vertebre.