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Il colpo di testa di Cordoba 205

La scialuppa spinta dalla brezza mattutina, attraversò rapidamente il bacino e andò ad arenarsi su d’una spiaggia bassa e sabbiosa, cosparsa di magri cespugli.

Cordoba la fece legare ad una punta rocciosa, prese il suo fucile da caccia, si appese alla cintola la rivoltella e balzò a terra, facendo segno ai compagni di seguirlo.

Salita la spiaggia, essi si trovarono sul margine di una piccola piantagione di canne da zucchero, la quale si estendeva su una pianura leggiermente ondulata, limitata da un folto bosco di palmizi, di cedri e di acagiù.

Cordoba si arrestò guardando in tutte le direzioni, sperando di scoprire qualche abitazione o qualche coltivatore, però senza buon esito. Pareva che in quel luogo non si trovasse nessun abitante.

— In caccia! — gridò egli. — Uccidete più che potete, fate fuoco anche contro delle zanzare, non importa. Bisogna far fracasso. —

Veramente i pennuti abitanti non abbondavano in quel luogo, però qualche uccelletto di quando in quando si vedeva alzarsi fra le canne da zucchero.

I cacciatori si dispersero in colonna, tenendo al centro il signor Del Monte per non perderlo di vista un solo istante e cominciarono un fuoco indiavolato, bersagliando atrocemente i poveri volatili.

Avevano già sparati una cinquantina di colpi, non raccogliendo che delle penne, quando si vide accorrere un mulatto, attirato certamente da quell’insolito fracasso.

— Ecco quello che mi occorreva, — disse Cordoba. — Le anitre ed i passeri hanno fatto venire finalmente un bipede, senza penne è vero, ma forse più utile. Signor Del Monte, mi raccomando a voi: siate nostro amico o vi faccio appiccare al primo albero che trovo. —

CAPITOLO XXIV.


Il colpo di testa di Cordoba.


L’isolano che muoveva incontro al tenente era un uomo sulla trentina, un po’ tarchiato, dalla pelle giallo-bronzina, con due occhi assai grandi che tradivano subito l’incrocio del sangue negro col bianco ed i capelli lanuti.

Vestiva come un piantatore del tropico: giacca e calzoni bianchi, fascia di cotone a vivaci colori e sul capo un gigantesco cappello di paglia che lo riparava forse quanto un ombrello.

A tracolla portava un fucile, un Martini-Henry a quanto pa-