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270 Capitolo trentesimo

Le due eliche, che funzionavano rabbiosamente, turbinarono in senso contrario per arrestare lo slancio poderoso del Yucatan. Non ostante quello sforzo la piccola nave percorse ancora cento metri, poi rimase immobile, dondolandosi fra le onde della risacca.

Immersa come si trovava, a così breve distanza dalla costa, colla sua coperta resa nerastra dai corpi dell’equipaggio, senz’alberi, senza tubo della macchina, senza manovra qualsiasi, anche illuminata da quel fascio di luce elettrica la si poteva scambiare per un rottame qualunque abbandonato fra le acque o per un banco roccioso terminante in due piccoli scoglietti rappresentati dalle due torrette.

— Fermi tutti!... — aveva comandato la marchesa.

Il fascio luminoso s’avvicinava, rischiarando la costa e le acque che la bagnavano; ben presto raggiunse la nave, la illuminò per alcuni istanti, poi passò oltre e si perdette verso l’ovest.

La marchesa e Cordoba, che avevano trattenuto perfino il respiro, quando lo videro dileguarsi, non poterono frenare un’esclamazione di gioia.

— Siamo salvi!... — aveva detto la marchesa.

— Sì, donna Dolores!... — aveva risposto il bravo tenente. — A Santiago!...

— A tutto vapore!... — comandò la Capitana.

L’Yucatan stava per riprendere la corsa, quando verso il sud si videro balenare alcuni lampi, seguiti da strepitose detonazioni.

— Fulmini!... — esclamò Cordoba. — Le navi americane aprono il fuoco. Contro chi?...

Tese gli orecchi ma non udì il ben noto fischio stridente dei proiettili.

— Non è contro noi che sparano, — disse.

— No, è contro il forte del Morro, — rispose la marchesa.

Alcuni lampi si erano veduti balenare sugli spalti del formidabile forte dominante il canale di Santiago, accompagnati da scoppi fragorosi.

— Avanti!... — gridò la marchesa.

L’Yucatan riprese lo slancio tenendo la prora in direzione del faro, la cui lanterna a lampi si vedeva scintillare fra le tenebre, ad una certa altezza dal livello del mare.

Mentre s’avvicinava rapida al canale di Santiago, il forte del Morro e le navi americane si scambiavano cannonate. I pezzi giganteschi delle corazzate rimbombavano terribilmente ed in alto si udivano i sibili stridenti dei grossi proiettili attraversanti gli strati d’aria od i sordi fischi degli obici, ma anche il forte tuonava tremendamente rispondendo coi suoi grossi cannoni Krupp sbarcati da Cervera o cogli Hontoria.

In mezzo a quel mostruoso fracasso, l’Yucatan s’avanzava sempre più rapido e quello che più importava, senza che venisse scorto, essendo stati spenti i fanali elettrici. Di tratto in tratto