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capitolo xiv — la caverna delle morse 237


– Seguitemi, mastro.

Il marinaio girò la punta estrema del promontorio che era stretta da un immenso banco di ghiaccio e si arrestò dinanzi ad un’apertura circolare, aperta a fior dell’acqua gelata e che scendeva entro la colossale rupe.

Da quel foro tenebroso, uscivano rauchi muggiti che dovevano essere emessi da morse adulte e grida che rassomigliavano talvolta ai vagiti dei bambini, ma molto più forti. Là dentro, a giudicare dal fracasso, dovevano trovarsi raccolte parecchie centinaia di morse assieme ai loro piccini.

– Qui vi è la fortuna d’un cacciatore, disse Tyndhall. Rileverò accuratamente la posizione di questa caverna e appena sarò tornato a Disko, se uscirò vivo da questa disgraziata spedizione, tornerò qui a raccogliere queste ricchezze. Ragazzi miei, abbiamo trovato da pagarci la perdita della Shannon.

Si slanciò nella galleria tenendo in mano il fucile, mentre i suoi uomini accendevano il grasso portato nelle due pentole di ferro, ma fatti pochi passi, andò a urtare contro una massa villosa che pareva si fosse collocata colà per sbarrargli il passo.

– Ventre di foca! gridò, retrocedendo vivamente. Chi vive?...

Un nitrito sonoro fu la risposta.

– Mille balene!... Un orso bianco!... Ecco perchè le morse erano spaventate!...

Scorgendo dinanzi a sè, ma vagamente, il feroce animale, puntò rapidamente il fucile e lasciò partire i due colpi.

La nube di fumo non si era ancora dileguata, che si sentì afferrare da due zampacce villose e stringere con tale violenza da mancargli il respiro.