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cap. xx. — la presa del fortino 307


Gli assedianti, diventati ad un tratto assediati, hanno appena il tempo di accorrere sui terrapieni e di schierarsi dinanzi alla breccia.

Una scarica ben nutrita tronca di colpo lo slancio degli assalitori, che, resi più circospetti da quella brutale accoglienza, si riparano prontamente sotto il bosco, senza cessare di urlare e di far fuoco.

— Ah! Questa non me l’aspettavo! — esclamò Jean Baret, che stentava a rimettersi dalla sorpresa. — Prendere d’assalto un forte e venire subito assediati! Questa è grossa!

— Vicende della guerra, — rispose Amali, il quale cercava di valutare il numero degli assedianti.

— E ci lascieremo bloccare?

— Fino all’arrivo dei pescatori di perle. Mi pare che la banda sia ben numerosa mentre la nostra, in questi due combattimenti, si è assai assottigliata. Durga mi ha detto che abbiamo perduto altri dodici uomini e che vi sono parecchi feriti.

— Cosicchè non siamo che in una cinquantina.

— Se ci arriveremo, Jean Baret!

— Bell’affare! Turiamo subito la breccia e ritiriamo i fastelli di legna prima che gli assalitori s’accorgano che potrebbero passare.

— I miei uomini sono già all’opera — rispose Amali.

— Vediamo ora di quante bocche da fuoco disponevano i cingalesi e se hanno lasciato dei viveri.

— Quattro spingarde; in quanto alle munizioni da bocca, nulla, nemmeno un banano. Si vede che il fortino non era stato approvvigionato in questi giorni.