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Pagina:Sannazaro - Arcadia, 1806.djvu/159

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Di nuovo il prato verdica,
E tutto è pien di fiori,
Che variando spiegano
I loro bei colori.


Sorgi, o Nocchiero, e intrepido
Raccogli omai le sarte:
Stendi le vele; prospero
È ’l Noto a ognun che parte.


A’ miei sovrani fidati
Veraci detti accorti:
Il Dio Priapo vigile
Tutela io son de’ porti.


Col mio favor, che i turbini
E le procelle scaccia,
Sul mar sicuro i leciti
Guadagni tuoi procaccia.


Anzi Fillida mia ec. Ofelia più sopri chiamò la sua innamorata col nome di Amaranta, ed ora la chiama con quello di Fillida; ma ciò non deve punto scontentarci, poichè si come tutti questi son nomi finti, o per dir meglio nomi amorosi, che indistintamente si danno alle amate, non dee parere strano che alla stessa person or venga dato il nome di Silvia o di Clori, or quello di Filli o di Amaranta. Io però non consiglierei i giovani a scambiare sì facilmente cotesti medesimi nomi in uno stesso componimento; e massime se il discorso venisse diretto alla persona, il cui nome si volesse mutare; poiché non nominandosi allora cotale persona, che per renderla ognor più attenta al nostro discorso, la mutazione del nome richiamerebbe a se parte dell’attenzione. Questo riflesso può servire a difendere il nostro Sanazzaro, che cambia il nome della innamorata d’Ofelia, mentre questi non fa che una narrazione.

O casta Venatrice, Diana Dea della caccia.

Cacco, qui è detto per antonomasia e per disprezzo Ovidio nel Lib. i. de’ Fasti, ove narra come questo mostro fu ucciso da Ercole, così lo descrive:


Cacus Aventinae timor, atque infamia silvae,
Non leve finitimis, hospitibusque malum.
Dira viro facies; vires pro corpore; corpus
Grande: pater monstri Mulciber hujus erat.


Dimmi qual fera ec. Non cessando punto il nostro Sanazzaro d’imitar Virgilio nell’Egl. iii., fa che i due pastori in