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libro primo - capitolo vi 165


L’imperatore ancora, intesa la deputazione delli legati, non con speranza che in quello stato di cose potesse riuscir alcun bene, ma acciò dal pontefice non fosse operato alcuna cosa in suo pregiudicio, vi mandò ambasciatori don Diego [Mendoza], residente per lui in Venezia, e Nicolò Granvella, insieme con Antonio vescovo d’Arras, suo figlio, e alcuni pochi vescovi del regno di Napoli. Ed il pontefice, oltre li legati, inviò anco alcuni vescovi delli piú fedeli, ordinando però che lentamente vi si incamminassero. Arrivarono cosí li pontifici come li imperiali al tempo determinato. E questi presentarono alli legati il mandato imperiale, fecero instanza che il concilio si aprisse e fosse dato principio alle azioni. Interposero li legati dilazione, con dire che non era degnitá incominciare un concilio con sí poco numero, massime dovendo trattar articoli di tanta importanza, come quelli che da’ luterani erano revocati in dubbio. Li cesarei replicavano che si poteva ben trattare la materia di riforma, che era piú necessaria né soggetta a tante difficoltá; e gli altri allegando che conveniva applicare quella all’uso de diverse regioni, onde era piú necessario in essa l’intervento di tutti. In fine passarono a proteste, alle quali non rispondendo li legati, ma rimettendo la risposta al papa, non si faceva conclusione alcuna.

Approssimandosi il fine dell’anno, ordinò l’imperatore al Granvella di andar alla dieta che nel principio del seguente si doveva tenir in Norimbergo, con ordine a don Diego di restar in Trento e operare che al concilio fosse dato principio, o vero almeno che li congregati non si disunissero, per valersi di quell’ombra di concilio nella dieta. Il Granvella in Norimbergo propose la guerra contra li turchi e di dar aiuti a Cesare contra il re di Francia; e li protestanti replicarono, dimandando che si componessero le differenze della religione e si levassero le oppressioni che li giudici camerali usavano contra di loro sotto altri pretesti, se ben in veritá per quella causa. A che rispondendo Granvella che ciò non si poteva né doveva fare in quel luoco e tempo, essendo giá congregato

perciò il concilio in Trento, riusciva l’escusazione vana, non