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166 l'istoria del concilio tridentino


approvando li protestanti il concilio e dicendo chiaro di non voler intervenirvi. La dieta ebbe fine senza conclusione, e don Diego tornò all’ambasciaria sua a Venezia, quantunque li legati facessero instanzia che, per dare riputazione al negozio, si trattenesse fino che dal pontefice avessero risposta.

Partito l’ambasciator cesareo, seguirono li vescovi imperiali; e licenziati gli altri sotto diversi colori, finalmente li legati, dopo esservi stati sette mesi continui senza alcuna cosa fare, furono dal pontefice richiamati. E fu questo il fine di quella congregazione.

Dovendo essere Cesare di breve in Italia, partito di Spagna per mare a fine di andar in Germania, disegnava il pontefice di abboccarsi con lui in qualche luoco, e desiderava che ciò fosse in Bologna: e a questo effetto mandò Pietro Aloisio suo figliuolo a Genova ad invitarlo. Ma non volendo l’imperator uscire di strada né perder tempo in viaggio, mandò il cardinale Farnese ad incontrarlo e pregarlo di fare la via di Parma, dove il pontefice avesse potuto aspettarlo. Ma poi essendo difficoltá come l’imperatore potesse intrare in quella cittá, il 21 giugno del 1543 si ritrovarono ambidoi in Busseto, castello delli Pallavicini posto sopra la riva del Taro, tra Parma e Piacenza. Li fini dell’uno e dell’altro non comportarono che il negozio del concilio e della religione fosse il principale trattato tra loro; ma l’imperator, essendo tutto volto alli pensieri contra il re di Francia, procurava di concitarli il papa contra e avere da lui denari per la guerra; il pontefice, valendosi dell’occasione, era tutto intento ad ottenere Milano per li nepoti suoi: a che era per proprio interesse aiutato da Margarita, figlia naturale di Cesare, maritata in Ottavio Farnese nipote del papa, e perciò fatta duchessa di Camerino. Prometteva il pontefice a Cesare di collegarsi con lui contra il re di Francia, fare molti cardinali a sua nominazione, pagarli per alcuni anni cento cinquantamila scudi, lasciandoli anco in mano li castelli di Milano e di Cremona. Ma richiedendo gli imperiali un milione di ducati di presente e un altro in termini non

molto longhi, non potendosi concluder allora, né potendosi