Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. I, 1935 – BEIC 1916022.djvu/221

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libro secondo - capitolo ii 215


potrebbe dire che fosse stato un ricorso delle chiese di gentili nove ad una vecchia matrice, di onde la fede era a loro derivata (che per longo tempo fu usato in quei primi secoli, e da Ireneo e da Tertulliano spesso spesso si commemora), e la lettera sia scritta dalli soli apostoli, «vecchi» e fratelli gerosolimitani, nondimeno, avendo parlato non solo essi ma ancora Paulo e Barnaba, si può con ragione chiamar concilio. Coll’esempio del quale li vescovi che successero dopo, tenendo che tutte le chiese cristiane fossero una e che li vescovati tutti fossero parimente un solo, cosí formato, del quale ciascun ne tenesse una parte non come propria, ma sì che tutti dovessero regger tutto, occupandosi però ciascuno piú in quella che gli era specialmente raccomandata (come san Cipriano nell’aureo libretto dell’Unitá della Chiesa piamente dimostra), occorrendo bisogno di qualsivoglia particolar chiesa, con tutto che alcune volte le persecuzioni ardessero, si congregavano insieme quelli che potevano, per ordinar in comune la provvisione. Nelle qual adunanze presedendo Cristo e lo Spirito Santo, né avendo luogo gli affetti umani ma la caritá, senza ceremonie né formule prescritte consegnavano e risolvevano quanto occorreva. Ma dopo qualche progresso di tempo, con la caritá meschiatisi gli affetti umani, essendo necessario regolarli con qualche ordine, il principale tra li congregati in concilio o per dottrina, o per grandezza della cittá o della chiesa, o per qualche altro rispetto d’eminenza, pigliava carico di proponer e guidare l’azione e raccogliere li pareri. Ma dopo che piacque a Dio dare pace alli fedeli, e che li principi romani ricevettero la santa fede, occorrendo piú spesso difficoltá nella dottrina e disciplina, le quali, anco per l’ambizione o altri affetti cattivi di quei che avevano séguito e credito, turbavano la quiete pubblica, ebbe origine un’altra sorte di adunanze episcopali congregate dalli principi o prefetti loro, per trovar rimedio alle turbe. In questi l’azione era guidata da quei principi o magistrati che li congregavano, intervenendo essi nelle azioni, proponendo, guidando la trattazione e decretando per interlocutoria le differenze occorrenti,