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libro secondo - capitolo iii 249


stolica le usava ambedue, e che egli nell’esposizione di quel libro eleggeva di seguire la nova, come conforme all’ebreo; però nelle allegazioni si sarebbe valuto ora di una ora dell’altra, secondo che fosse tornato meglio a suo proposito. Li tempi seguenti, con l’uso di queste due, ne hanno composto una, pigliando parte dalla nova e parte dalla vecchia, secondo che li accidenti hanno portato, e a questa cosí composta fu dato nome di edizione Vulgata. Li salmi esser tutti della vecchia, perché continuandosi di cantarli quotidianamente nelle chiese, non si potêro mutare. Li profeti minori tutti della nova, li maggiori misti d’ambedue. Questo esser ben certo, che tutto ciò è per divina disposizione avvenuto, senza la quale non succede cosa alcuna; ma non si può dire però che vi sia intervenuto perizia maggiore che umana. San Geronimo afferma apertamente che nessun interprete ha parlato per Spirito Santo. L’edizione che abbiamo è per la maggior parte sua. Sarebbe gran cosa attribuire divina assistenza a chi ha conosciuto e affermato di non averla: laonde mai si potrá uguagliar traduzione alcuna al sacro testo della lingua originale. Pertanto esser di parere che l’edizione Vulgata fosse anteposta a tutte e approvata, corretta però al testo originale, e fosse vietato ad ognuno di far altra translazione; ma solo si emendasse quella, e le altre si estinguessero: e cosí cesserebbono tutti li inconvenienti causati dalle nove interpretazioni, che con molto giudicio sono stati notati e ripresi nelle congregazioni.

Fra’ Andrea di Vega franciscano, camminando quasi come mediatore tra queste opinioni, approvò il parere di san Gerolemo che le qualitá dell’interprete non siano spirito profetico o altro divino speciale che li dia infallibilitá, e la sentenzia del medesimo santo e di sant’Agostino dell’emendare le traduzioni con li testi della lingua originale; soggiongendo però che a questo non repugnava il dire insieme che la chiesa latina abbia per autentica l’edizione Vulgata, perché questo si debbe intendere che non vi sia errore alcuno in quello che appartiene alla fede e alli costumi, ma non in ogni