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Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. I, 1935 – BEIC 1916022.djvu/322

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316 l'istoria del concilio tridentino


e sacrilega: avendo per biastema che la beata Vergine abbia commesso un minimo peccato veniale, come poi potrebbono l’orecchie sostenere d’udir che in ogni azione peccasse? Che doverebbe la terra e l’inferno aprirsi a tante biasteme.

Nel capo dell’essenzia della divina grazia per censura delli articoli XXII e XXIII, fu comune considerazione che la voce «grazia» in prima significazione s’intenda una benevolenza o buona volontá, la quale, quando è in chi abbia potere, partorisce di necessitá anco un buon effetto, che è il dono o beneficio, quale esso ancora è chiamato grazia. Li protestanti aver pensato che la maestá divina, come che non potendo di piú, ci faccia solo parte della sua benevolenza; ma la onnipotenza divina ricercava che ci aggiongesse il beneficio in effetto. E perché alcuno averebbe potuto dire che la sola buona volontá divina, che è Dio medesimo, non può aver cosa maggiore, e che anco l’averci donato il Figliuolo era un sommo beneficio, e che san Gioanni, volendo mostrar il grand’amore di Dio verso il mondo, non allegò altro che aver dato il Figlio unigenito, soggiongevano che questi sono benefici comuni a tutti, e che conveniva che ci facesse un presente proprio a ciascuno. E però li teologi hanno aggiorno una grazia abituale, donata a ciascun giusto la sua, la quale è una qualitá spirituale creata da Dio e infusa nell’anima, per la quale vien fatta grata e accetta alla divina Maestá; della quale se ben non si trova espressa parola nelli Padri e meno nella Scrittura, nondimeno si deduce chiaramente dal verbo «giustificare», il quale essendo effettivo per necessitá, significa «far giusto» con impressione di real giustizia; la qual realtá non potendo esser sostanza, non può esser altro che qualitá e abito.

Ed in questa occasione fu trattato longamente contra li luterani, che non vogliono il verbo «giustificare» esser effettivo, ma giudiciale e declarativo, fondandosi sopra la voce ebrea tzadak e sopra la greca δικαιοῠν che significano «prononciar giusto», e per molti luochi della Scrittura del novo e vecchio Testamento; che anco nella traduzione latina è usata in tal