Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. I, 1935 – BEIC 1916022.djvu/61

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libro primo - capitolo iii 55


d’intervenire ad obbligare tutta la Germania, contra il parere degli altri. Si opponeva anco a quella riformazione: prima, che tralasciate le cose importanti, come se in quelle non vi fosse alcun disordine, provvedesse alle cose di leggerissimo rilevo, perché poco male pativa la Germania per li abusi del clero minuto, ma gravi per le usurpazioni del li vescovi e prelati, e gravissimi per quelle della corte romana; e nondimeno, come se questi fossero stati piú ordinati che nella primitiva Chiesa, non si faceva menzione di loro. Poi, per quanto s’aspettava anco al minuto clero, non si trattava delli principali abusi, ma di quelli che meno importavano, che era quasi un approvar gli altri; e quelli anco che si riprendevano erano lasciati senza li veri rimedi col solo notarli, non applicandovi la medicina necessaria per sanar il male.

Ma al legato e alli sopradetti prencipi con lui convenuti poco importava quello che fosse detto in Germania e meno quello che fosse per seguire dalla pubblicazione dell’editto, perché il loro fine non era altro che dar sodisfazione al pontefice, né il fine del pontefice altro che mostrare d’avere provveduto, sí che non vi fosse bisogno del concilio. Perché Clemente, molto versato nelli maneggi di stato, eziandio vivendo Adriano, sempre aveva tenuto e defeso che nelle occorrenze di quei tempi era conseglio pernicioso valersi del mezzo de’ concili; ed era solito dire che il concilio fosse utile sempre che si tratta altro che dell’autoritá del papa; quando quella viene in contenzione, nessuna cosa è piú perniciosa. Perché si come per li tempi passati l’arma de’ pontefici fu il ricorso alli concili, cosí adesso la sicurezza del pontificato consiste in declinarli e fuggirli: e tanto piú quanto ch’avendo giá Leone X condannato la dottrina di Lutero, non si può trattare la medesma materia in un concilio né metterla in esame, senza metter in dubbio l’autoritá della sede apostolica ancora.

Cesare, ricevuto il decreto di Noremberg, si commosse assai, parendoli che il trattar e dar risposta cosí risoluta, senza sua saputa, a prencipe forestiero [in] cosa di tanta importanza,

fosse di poca riputazione alla Maestá sua imperiale. Non li