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8 l'istoria del concilio di trento


diciannove che nominava, e uno che averebbe scoperto a tempo, pagando quella nondimeno centomila scudi per emenda; condizioni che per necessitá furono ricevute; e, fatti morire per giustizia quei pochi che delli diciannove si potèro avere, restò il tumulto quietato.

In Bologna li legati non sapevano ancora bene che dover fare, e il pontefice li aveva comandato di non procedere ad azione alcuna che potesse esser impugnata e partorisse qualche divisione, ma andassero trattenuti con differire le sessioni; e tra tanto far qualche congregazioni per non mostrare di star in ozio. Però non era facile pigliare buona forma di farle, per discutere la materia dell’eucaristia, mancando li teologi principali, soliti trattare le cose di fede in Trento. Se ne fecero nondimeno alquante, e parlarono diversi teologi; non però si formò decreti. Della riforma non occorre dir altro, perché fu posta per allora in silenzio profondo.

Venuto il 2 giugno, con le medesme cerimonie si celebrò la sessione, dove altro non si fece che prorogarla con decreto simile a quello della precedente, narrando che la sinodo l’aveva differita a quel giorno per l’assenzia dei padri che aspettava: onde, volendo anco trattare con benignitá verso di loro, aggiongeva una proroga sino a’ 15 di settembre, non dovendo tra tanto tralasciare l’esamine dei dogmi e della riforma, riservandosi di poter abbreviare e allongar il termine, eziandio nella congregazione privata.

In Francia non fu difficile al legato ottenere dal re quanto il pontefice poteva desiderare, poiché esso ancora non aveva minore gelosia della fortuna dell’imperatore: si trattò buona intelligenza con proposizioni molto secrete. Tra le pubbliche vi fu che il re mandasse al concilio di Bologna, quanto prima, il maggior numero de prelati che si potesse. Fu contratto matrimonio tra Orazio Farnese nepote del papa e Diana figlia naturale del re, d’etá d’anni nove. Mandò il re sette cardinali francesi a fermarsi in corte, per dar riputazione al pontefice e nodrire l’amicizia tra ambidue. Creò il pontefice ad instanza del re, il 26 luglio, cardinali Carlo di Ghisa, arcivescovo di

Rems, e Carlo di Vandomo del sangue regio.