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libro quinto - capitolo ii 213


conoscere le eresie e le male opinioni de molti, alludendo alle cose fatte in Germania, in Austria e in Baviera. Ed essendo il pontefice per queste ragioni quasi risoluto in se stesso, o volendo mostrar di esserne, che fosse necessario far il concilio, disse a tutti gli ambasciatori che scrivessero a’ suoi principi la deliberazione di far un concilio lateranense, simile a quell’altro cosí celebre; e destinò nonci all’imperatore e al re di Francia, per esortarli alla pace tra loro, se ben in Francia aveva negoziazione piú secreta. Diede commissione di ragionarli del concilio; e nel consistoro con longo ragionamento (come egli era molto abbondante) disse esser necessario celebrarlo presto, poiché oltra la Boemia, Prussia e Germania, quali erano grandemente infette (tal furono le formali parole), la Polonia ancora stava in pericolo; né la Francia e la Spagna stavano bene, dove il clero era maltrattato. Quanto alla Francia, quello che egli principalmente riprendeva era l’esazione delle decime, che il re riscuoteva dal clero ordinariamente. Ma contra Spagna era maggiormente irritato, perché essendo stato concesso da Paulo III e Giulio all’imperator Carlo per sussidio delle guerre di Germania li mezzi frutti e quarte, egli, non sodisfatto del recesso d’Augusta, revocò la concessione: ma in Spagna si perseverava, riscuotendo anco per forza di sequestri e carceri.

Non si asteneva di dire che l’imperatore era un eretico, che nelli principi favori li innovatori di Germania per abbassar quella santa sede, a fine di farsi patrone di Roma e di tutta Italia; che tenne Paulo III in perpetui travagli, ma non li riuscirebbe l’istesso verso lui. Aggiongeva che, se ben a questi inconvenienti tutti egli aveva autoritá di rimediare, non voleva però farlo senza un concilio, per non pigliar tanto carico sopra sé solo; che l’averebbe convocato in Roma e chiamato lateranense: e aveva dato commissione di significarlo all’imperatore e al re di Francia per urbanitá, ma non per aver da loro consenso o conseglio, perché vuole che obediscano. Che era ben certo non dover piacer a nessuno delli due principi, per non esser a loro proposito, vivendo come