Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. II, 1935 – BEIC 1916917.djvu/250

Da Wikisource.
244 l'istoria del concilio di trento


di Ferdinando e la deliberazione di Paolo di non riconoscerlo per imperatore, fu comun parere che gli fosse stato fatto torto. Ma trattando longamente come rimediare all’inconveniente, e dopo molte cose proposte e discusse non trovando come introdur negozio senza pericolo di maggior incontri, quando li elettori fossero intromessi in questa meschia (come sarebbe stato impossibile tenerli fuori), fu comun parer che ogni negoziazione fosse da fuggire, come quella che terminerebbe con qualche indignitá del pontefice, e che meglio era non aspettar che l’imperatore facesse alcuna richiesta. Fu approvato il parere dal pontefice, parendogli che era prudenza donare quello che non si poteva né vender né ritenere; e mandò immediate a chiamar Francesco dalla Torre ministro dell’imperatore, che era in Roma, e gli disse che egli approvava la rinoncia di Carlo e la successione di Ferdinando all’Imperio, e che gli averebbe scritto con li titoli consueti, e che di ciò dovesse avvisare.

Applicò l’animo dopo questo alle cose del concilio, certo in se stesso che gliene sarebbe fatto instanza da diverse parti. Molte difficoltá gli andavano per l’animo (sí come esso diceva conferendo col Cardinal Morone, in cui confidava per la prudenza e amicizia): se era bene per la sede apostolica far il concilio o no: e se non, quello che fosse meglio: negarlo assolutamente e opporsi alla libera a chi lo chiedeva, o mostrar di volerlo, mettendogli impedimenti oltra quelli che il negozio da sé porterebbe; e se il celebrarlo era utile, quello che fosse meglio: aspettar d’esser richiesto, o pur prevenire e richiedere. Se gli rappresentavano alla mente le cause perché Paulo III sotto colore di transazione lo disciolse, e li pericoli scorsi da Giulio, se la buona ventura non l’avesse aiutato; non esservi giá un Carlo imperatore al presente, del quale si possi tanto temere; ma quanto li principi sono piú deboli, tanto li vescovi esser piú gagliardi; e doversi aver maggior avvertenza a questi, che non possono alzarsi se non sopra le ruine del pontificato. L’opporsi a chi dimanderá concilio all’aperta esser cosa piena di scandolo per il nome