Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. II, 1935 – BEIC 1916917.djvu/279

Da Wikisource.

libro quinto - capitolo v 273


anco in Moscovia e invitar al concilio quel principe e quella nazione, quantunque mai abbia riconosciuto il romano pontefice.

Tornò poi a parlar del concilio in consistoro, ricercando d’esser informato degli uomini litterati, di buona vita e opinione, di diverse provincie, atti a disputare e persuader la veritá; affermando aver animo di mandarne a chiamare molti; promettendo che, dopo aver usata tutta la diligenza possibile per farvi venir tutti li cristiani e unirli nella religione, quando bene alcuni o molti non volessero venire, non era per restar di farlo. Li dava però gran pensiero che li protestanti di Germania, a’ quali era unita gran parte della Francia, averebbono negato di venire, o vero dimandato cose tanto esorbitanti che non arerebbe potuto conceder loro; e dubitava anco che avessero potuto sturbar il concilio con le armi. Né confidava di poter aver aiuto dall’imperator per impedirli, attese le sue poche forze. Confessava che li pericoli erano grandi e li rimedi scarsi, onde stava perplesso nell’animo e travagliato.

Andando la bolla del concilio per Germania, capitò in mano de’ protestanti congregati alle nozze del duca di Lauenburg, quali intimorono una dieta in Naumburg per li 20 gennaro. Contra quella bolla il Vergerlo scrisse un libello, dove, dopo grande invettiva contra le pompe, il lusso e l’ambizione della corte, soggiongeva che il concilio era dal papa convocato non per stabilir la dottrina di Cristo, ma la servitú e oppressione delle misere anime; che in quello non erano chiamati se non li obbligati al papa per giuramento, onde erano esclusi non solo li separati dalla chiesa romana, ma anco li piú intendenti che in quella erano, levata ogni libertá, nella qual sola vi poteva esser speranza di concordia.

Arrivò a Roma in questo tempo nova che il re di Francia aveva impregionato il principe di Condé e posto guardie al re di Navarra, il che piacque molto al pontefice, come cosa che riputava poter disturbar a fatto il concilio nazionale. E

tanto piú entrò in ferma speranza di non ricever quel disgusto,


Sarpi, Istoria del Concilio Tridentino - ii 18