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libro quinto - capitolo viii | 301 |
l’arianismo, stabilito dal concilio general d’Arimini, fu dannato
in Francia dal concilio congregato da sant’Ilario. Esortò tutti
ad avere il medesimo fine, e li piú dotti a non sprezzar li
inferiori, né questi invidiar a quelli; tralasciar le dispute curiose; non aver l’animo tanto alieno dalli protestanti, che sono
fratelli regenerati nel medesmo battesmo, cultori del medesmo
Cristo. Esortò li vescovi a trattar con loro con piacevolezza,
cercando di ridurli, ma senza severitá, considerando che ad
essi vescovi si attribuiva molto lasciandoli esser giudici nella
causa propria; il che li constringeva a trattar con sinceritá: e
cosí facendo, serrarebbono la bocca agli avversari; ma trasgredendo l’ufficio de giudici giusti, il tutto sarebbe irrito e nullo.
Si levò il Cardinal di Tornone, e dopo aver ringraziato il re, la regina e li principi dell’assistenzia che prestavano a quel consesso, disse le cose proposte dal cancelliere esser molto importanti e da non trattar né risponderli alla sprovvista, e però richieder che fossero messe in scritto per deliberarvi sopra.
Ricusando il cancelliere, e instando anco il Cardinal di Lorena che si mettessero in scritto, accortasi la regina che ciò si faceva per metter il negocio in longo, ordinò a Beza che parlasse. Il qual ingenocchiato e fatta orazione, e recitata la professione della sua fede, e lamentatosi che fossero riputati turbulenti e sediziosi e perturbatori della tranquillitá pubblica, non avendo altro fine che la gloria di Dio, né cercando libera facoltá di congregarsi, se non per servir Dio con quiete di conscienza e obedir alli magistrati da Dio constituiti, passò ad esplicar le cose in che convengono con la Chiesa romana e in che dissentono. Parlò della fede, delle buone opere, dell’autoritá dei concili, delli peccati, della disciplina ecclesiastica, dell’obedienzia debita alli magistrati, e delli sacramenti; ed entrato nella materia dell’eucaristia, parlò con tanto calore che era di mala satisfazione anco alli suoi propri, onde fu sforzato a fermarsi. E presentata la confessione delle chiese sue, dimandò che i capi di quella fossero esaminati, e fece fine.
Il Cardinal di Tornone, levatosi pieno di sdegno, si voltò e disse: che li vescovi, avendo fatto forza alle sue conscienze,