|
libro sesto - capitolo i |
323 |
il vescovo del Zante, che era stato noncio in Germania e
sapeva quanto una tal azione sarebbe stata calunniata e
quanta displicenzia ne averebbe ricevuto l’imperator, replicò
che sí come non si doveva metter dubbio alcuno sopra le
cose decise giá, ma tenerle per determinate, cosí il farne
adesso dechiarazione era senza necessitá, e averebbe tagliata
tutta la speranza che l’imperator e il re di Francia avevano
di poter far nascer congiontura che li protestanti si sottomettessero al concilio e alcun di loro vi intervenisse. Li legati,
massime Mantova e varmiense, favorirono con molti discorsi
il parer del vescovo, e molte cose furono dette dall’una parte
e l’altra con parole assai acerbe, dicendo li spagnoli di voler
protestare e tornar in Spagna. Ma finalmente, dopo molte consultazioni, questi convennero di desistere dalla loro instanzia,
per non opporsi all’imperatore, al re di Francia, a’ tedeschi
e francesi, e per non dar fomento alle querele de’ protestanti,
purché non fossero dette parole che significassero novo concilio o portassero pregiudicio alla continuazione; promettendo
li cardinali a nome del papa che la Santitá sua confirmerebbe
tutto quello che era stato fatto in Trento nelli dui precedenti
concili, eziandio in caso che il presente si dissolvesse e non
si potesse finire. Con che si contentarono; e dopo longhi discorsi fu concluso che si dovesse usar forma di parole significanti che si dava principio a celebrar il concilio, levata qualunque sospensione; le quali, se ben ambigue e che potevano
esser tirate a contrari sensi, nondimeno bastando per concordar
la presente differenza, furono ricevute, e concluso di aprir il
concilio la dominica seguente, delli 18. Propose in fine il
cardinale che, principiato il concilio, sará condecente frequentare le pubbliche cappelle ogni festa, con intervento delli prelati alla messa e col sermone latino, quale dovendo essere
recitato alle volte da persone che non sanno intieramente
quello che convenga al tempo e luoco, e al decoro degli
audienti, sará ben deputar un prelato che, sí come il maestro
del sacro Palazzo in Roma, riveda quello che doverá esser
detto, e secondo la sua censura s’abbia da recitare. Piacque