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336 l'istoria del concilio di trento


per condannare le novitá, quelle dai principi siano permesse con pubblico decreto. Il dí seguente fu ricevuto in congregazione generale Antonio Miglicio arcivescovo di Praga, ambasciator dell’imperatore. Fu letto il mandato di Sua Maestá cesarea, l’arcivescovo fece una breve orazione, e reservò il rimanente al signor Sigismondo Thun, secondo ambasciatore di Sua Maestá, che non era ancora gionto. La sinodo rispose che con molta allegrezza vedeva li ambasciatori dell’imperatore, e che ammetteva il mandato imperiale. Tentò l’ambasciator di preceder il Cardinal Madruccio vescovo di Trento, allegando le ragioni e pretensioni di don Diego nel primo concilio, e con la risposta di quello che successe, non di quello che fu preteso, s’acquetò e sedette di sotto.

Alli 9 fu accettato Ferdinando Martinez Mascarenio, ambasciator di Portogallo. Letta la lettera di credenza del re e il mandato, fu fatta un’orazione assai longa da un dottore che con lui era, dove narrò il frutto che la Chiesa cava dalli concili, la necessitá di questo presente, li attraversamenti che ha sostenuto nelli passati tempi, e come la prudenza di Pio pontefice li ha superati in questo tempo. Disse l’autoritá dei concili esser cosí grande che li decreti loro sono ricevuti per oracoli divini. Il re aver speranza che da quel concilio sarebbono decise le differenze nella religione e indrizzati li costumi de’ sacerdoti all’evangelica sinceritá; per il che li prometteva ogni ossequio; di che potevano render testimonio li vescovi giá arrivati e quelli che arrivaranno. Narrò la pietá, religione e impresa delli antichi e prossimi re, e di questi le fatiche per sottopor tante provincie dell’oriente all’imperio della sede apostolica: delle qual eroiche pietá debbono aspettar imitazione in Sebastiano re. Lodò in poche parole la nobiltá e virtú dell’ambasciatore, e in fine pregò li padri ad ascoltarlo, quando sará bisogno per le chiese del suo regno. Il promotore in poche parole rispose la sinodo aver sentito piacer leggendosi il mandato del re e udendo l’orazione con narrativa della sua pietá e religione, cosa non però nova, ma a tutti nota, essendo conspicua la gloria debita a lui e a’ suoi