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398 l'istoria del concilio di trento


XIII. Che tra li divini uffici celebrati in latino s’intromettessero preghiere in volgare.

XIV. Che il clero e l’ordine monastico siano riformati secondo l’antica instituzione, e le ricchezze cosí grandi non siano cosí mal amministrate.

XV. Che sia considerato se sia espediente relassar tante obbligazioni di legge positiva, remettendo alquanto di rigore nella differenzia de’ cibi e digiuni, e concedendo il matrimonio de’ preti ad alcune nazioni.

XVI. Che per levar li dispareri siano levate le diverse postille sopra li Evangeli; e una ne sia fatta con pubblica autoritá, e similmente una nova agenda ovvero rituale, che sia seguito da tutti.

XVII. Che sia trovato un modo, non di scacciar li cattivi parrochi, che questo non sarebbe difficile, ma di sustituirne de migliori.

XVIII. Che nelle gran provincie siano eretti piú vescovati, convertendo a questo uso li monasteri ricchi.

XIX. Quanto ai beni ecclesiastici giá occupati, esser forsi meglio passarla con dissimulazione in questo tempo.

In fine, per dire anco cosa grata al papa, acciò, se udendo le proposte e alterato l’animo, lo pacificasse, aggionsero:

XX. Che li legati dovessero operare che non fossero proposte questioni inutili e da partorir scandolo, come quella se la residenza è de iure divino o no, e simili; e almeno non permettino che li padri trattino con collera e faccino favola agli avversari.

Sopra il XVII diedero anco alcuni particolari raccordi di ridur li meno ostinati tra li settari con mandarli in alcuna accademia per insegnarli brevemente; con ordinar alli vescovi che non hanno accademia di far un collegio nella piú vicina per li gioveni della sua diocesi, e di ordinar un catalogo delli dottori che s’abbiano da leggere nelle scole, senza poterne legger altri.

Lette le proposizioni, restarono li legati; e ritirati per consultar insieme, ritornati fecero risposta che per la seguente