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402 | l'istoria del concilio di trento |
veneziani e il duca di Fiorenza non potevano consentir a cosa
che potesse turbar la quiete d’Italia. E cosí successe che alla
proposta di lega non fu corrisposto da alcuno dei prencipi: da
ciascuno fu allegata qualche causa propria; ma anco una
comune, che sarebbe impedir il progresso del concilio; se ben
molti credevano che, quando fosse seguito, non li sarebbe
dispiaciuto. Ed egli dava materia di cosí credere, perché di
novo propose in consistoro di far dechiarar la continuazione e
di dechiarar esso la residenza; le qual cose non eseguÌ, considerato il voto del cardinale da Carpi, seguito dalla maggior
parte degli altri, che non fosse servizio suo e della sede apostolica farsi autore delle cose odiose che potessero alienarli
l’animo d’una parte, ma meglio fosse lasciar in libertá del
concilio per allora.
Non restava però di querelarsi anco nel consistoro delli ambasciatori tutti. Delli francesi diceva che Lansac li pareva un ambasciatore de ugonotti nelle sue proposte, ricercando che la regina d’Inghilterra, li svizzeri protestanti, Sassonia e Virtemberg siano aspettati al concilio, quali sono dechiarati inimici e rebelli, e non hanno altro fine che di corrompere il concilio e farlo ugonotto; ma che egli lo conserverá cattolico, e averá forze da farlo; che esso e li colleghi difendevano alcuni, quali disputavano l’autoritá del concilio sopra il papa, quale è eretica opinione, e li fautori di quella eretici; minacciando di perseguitarli e castigarli. Passò anco a dire che vivevano da ugonotti, non facevano riverenza al Sacramento; che Lansac a tavola, in presenza di molti prelati invitati, avesse detto che sarebbono venuti tanti vescovi di Francia e di Germania che averebbono scacciato l’idolo da Roma: si querelava d’uno delli ambasciatori veneti, e contro lui fece indoglienza con quei Signori. Diceva de’ cardinali Mantoa, Seripando e varmiense che erano indegni del cappello; e delli prelati secondo che occorreva, operando con gli amici di ciascuno che gli fosse scritto. Il tutto era da lui fatto e detto (quantonque non fosse tutto creduto da lui) non per incontinenza di lingua, ma con arte, per costringer ciascuno, chi per timore, chi per