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418 l'istoria del concilio di trento


conveniva seguir l’ordine degli articoli, qual era essenziale, essendo impossibile venir alla decisione del quarto e quinto senza aver deciso il secondo e terzo. Tomaso Stella, vescovo di Capo d’Istria, gli oppose che in concilio non conveniva andar con logiche, e con artifici impedir le giuste deliberazioni. Replicò il Granata che il medesimo era da lui desiderato, cioè che le cose fossero proposte alla sinodo ordinatamente, acciò camminando in confusione non inciampasse; fu seguito da Muzio Calino, arcivescovo di Zara; e al Capo d’Istria s’aggionse in soccorso Giovan Tomaso di Sanfelice, vescovo de La Cava, passando ambiduo a moti di parole piuttosto derisorie, che cagionò un poco di disgusto nelli spagnoli; e ne seguí tra li prelati un sussurro, che fu causa di licenziar la congregazione, dicendo il Cardinal di Mantoa agli arcivescovi che leggessero e considerassero le minute formate, e in un’altra congregazione si risolverebbe dell’ordine di trattare.

Questo luoco ricerca, perché spesse volte occorse il terminare le congregazioni per disgusto da qualche principal prelato ricevuto, che l’ordinaria causa di tal evenimento sia narrata. Di sopra è stato raccontato come nel concilio era buon numero di vescovi pensionati del pontefice; questi tutti riconoscevano e dependevano da Simonetta, come quello che piú particolarmente degli altri era preposto agl’interessi del pontefice e aveva le instruzioni piú arcane. Egli, essendo uomo di acuto giudicio, si valeva di loro secondo la capacitá di ciascuno: e in questo numero ne aveva alcuni misti di ardire e facezie, de’ quali si valeva per opporre nelle congregazioni a quelli che entravano in cose contrarie alli suoi fini. Questi erano esercitati nell’artificio del motteggiare saviamente per irritar gli altri o metterli in derisione, senza sconciarsi ponto essi, ma conservando il decoro. Merita il servizio che prestarono al pontefice e al cardinale che ne sia fatta particolare menzione. Questi furono li due soprannominati Cava e Capo d’Istria, Pompeo Giambeccari bolognese, vescovo di Sulmona, e Bartolomeo Sirigo di Candia, vescovo di Castellanetta; ciascuno de’ quali alle qualitá comuni della sua patria aveva