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libro terzo - capitolo iii | 65 |
vi fosse in contrario; e specialmente quelle cose che Paulo III,
nella bolla della convocazione e altre spettanti al concilio,
ordinò che non ostassero: le quali bolle egli vuole che restino
in vigore con tutte le sue clausole e decreti, confermandole
e renovandole quanto faccia di bisogno.
Li ministri imperiali e altri cattolici zelanti, a chi Cesare la comunicò, giudicavano che quel tenore dovesse esacerbar li protestanti e darli occasione di non accettar quel concilio, nel quale il papa dechiavava non tanto di volervi presedere, ma anco di volerlo indrizzare; oltre che il dire di resumerlo e proseguirlo era metterli in troppo suspezioni, e il parlar cosí magnificamente della autoritá sua era un irritarli. Consegnarono l’imperatore di far opera che il pontefice moderasse la bolla e la riducesse in forma che non dasse occasione a’ protestanti di alienarsi maggiormente. Ne trattò l’imperatore col noncio, e scrisse al suo ambasciatore che ne parlasse al papa, pregando Sua Santitá affettuosamente ed efficacemente e per la caritá cristiana che indolcisse quelle parole, che potevano divertir la Germania da accettar il concilio. Trattò l’ambasciator in Roma con la destrezza spagnola: proponeva che sí come le fiere prese al laccio conviene tirarle al passo mostrando di cederli, né farli veder il fuoco o le armi per non irritarle e ponerle in disperazione che li fa accrescere le forze, cosí bisogna con li protestanti, quali con dolci maniere e con instruirli e ascoltarli conveniva tirarli al concilio, dove, quando saranno ridotti, sará tempo di mostrarli la veritá. Che il farli la sentenzia contra inanzi che udirli, era un esacerbarli e irritarli maggiormente. Il papa con la solita libertá rispose non voler esser insegnato a combattere col gatto serrato, ma volerlo in libertá che possi fuggire; che a punto il ridur protestanti con belle parole al concilio, e lá non corrispondere con li fatti, era far che, entrati in desperazione, pigliassero qualche precipitosa risoluzione; che quello che s’ha da fare, se gli dica pur alla chiara. L’ambasciator secondando diceva che lodava ciò quanto alle cose
che era necessario e opportuno dire, non vedersi opportunitá
Sarpi, Istoria del Concilio Tridentino - ii | 5 |